Bambini arruolati nei conflitti, una piaga ancora attuale

di claudia

di Luciano Bertozzi

Sono numeri impressionanti quelli che coinvolgono la piaga dei bambini soldato, fenomeno ancora attuale e che tocca varie parti del mondo, Africa compresa. Secondo l’Onu, solo nella Repubblica Democratica del Congo, uno dei Paesi più colpiti, oltre 1.300 minori sono stati reclutati negli ultimi anni. Nel continente questo inferno riguarda anche Repubblica Centrafricana, Mali, Nigeria, Sudan, Sud Sudan, Somalia. Chi sono i responsabili e come si può mettere fine all’impunità?

Migliaia di bambini, rapiti dalle scuole o dai villaggi, sono costretti a combattere in tante parti del mondo. Nel 2021, infatti, oltre seimila minori (ma il numero vero è molto più ampio) sono stati utilizzati, secondo un rapporto del Segretario Generale ONU, da decine di guerriglie ed eserciti. I Paesi più interessati? Afghanistan, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Iraq, Mali, Nigeria Sudan, Sud Sudan, Somalia, Siria, Yemen, Myanmar.

In Somalia, l’ONU nel 2021 ha registrato 1.200 ragazzini combattenti, per lo più rapiti da Al Shabab, ma anche Esercito e polizia li hanno utilizzati in quasi 200 casi. Va sottolineato che entrambe le forze di sicurezza sono assistite dall’Italia. Nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) oltre 1.300 minori sono stati reclutati negli ultimi anni, da decine di milizie. La popolazione del Paese equatoriale non ne trae benefici, in quanto in balia di guerriglie che depredano un territorio ricco di risorse naturali. L’aberrante fenomeno interessa anche il Sahel, nella Repubblica Centrafricana l’ONU ha accertato almeno 300 nuovi casi di minorenni, taluni anche di sette anni utilizzati come soldati, circa 350 nel Mali, con bambini anche di sei anni.

Perché utilizzarli? Possono essere facilmente indottrinati e trasformati in spietate macchine belliche, non disertano e per loro l’esercito rappresenta l’unico modo per potersi nutrire. I fanciulli sono impiegati anche come cuochi, facchini, messaggeri. Le ragazzine, invece, sono utilizzate da Boko Haram in Nigeria, per attentati suicidi e sono costrette a fare le “spose” dei capi ribelli. Il Rapporto evidenzia che i rapimenti delle fanciulle sono notevolmente aumentati rispetto al passato. Le violenze sessuali, purtroppo, sono ampiamente usate da guerriglie ed eserciti: nella RDC, Somalia, Repubblica Centrafricana, Somalia, Sudan e Sud Sudan. I baby soldati sono sottoposti a violenze di ogni tipo: uccisioni, torture, mutilazioni, violenze sessuali ed uso di droghe, somministrate per eliminare dolore e paura, gravidanze indesiderate e AIDS. Del resto le armi moderne non necessitano della forza fisica di un adulto.

Nei Paesi in cui i piccoli combattono tutti i fanciulli sono a rischio di essere trattati da soldati, moltiplicando lutti e sofferenze. Le attività belliche privilegiano la distruzione di ospedali e scuole, in tal modo migliaia di persone si vedono negati diritti fondamentali e di ogni prospettiva di futuro. Nel solo 2020 l’ONU ha accertato tantissimi attacchi a scuole ed ospedali, con il raddoppio, rispetto al passato, di quelli colpiti dagli eserciti, soprattutto in Somalia (30 casi). Vittime di questa negazione sono anche gli insegnanti e il personale sanitario, in Paesi con pochi medici e professori ciò significa eliminare ogni possibilità di sviluppo. In un contesto aggravato dalla pandemia che ha costretto tanti ragazzi a stare a casa, per le ragazze la situazione si è tradotta anche in una moltiplicazione di matrimoni forzati e, comunque, nell’impossibilità di un futuro diverso.

I responsabili di questi orrendi crimini sono, secondo le Nazioni Unite, le milizie nel 55% dei casi, gli eserciti regolari per il 25% e per il resto sono attribuiti ai tiri incrociati delle diverse parti che si combattono. Le vittime sono per il 70% i maschi ma anche le femmine sono sempre più nel mirino dei criminali. Nel 2019 oltre 13.000 minori sono stati separati da eserciti e guerriglie, ma la mancanza di fondi, briciole rispetto alle spese per le armi, mette a rischio una smobilitazione duratura e il loro reinserimento nella società, in Paesi poverissimi. Le ragazze costrette ad essere le “spose” dei guerriglieri sono spesso colpite dallo stigma sociale che le mette ai margini della propria comunità, anche dopo la liberazione. Diventa fondamentale, quindi, investire nella ricostruzione delle infrastrutture e delle menti, per uscire dalla spirale dell’odio e per evitare il perpetuarsi dei conflitti. Purtroppo i Paesi sviluppati riducono tali fondi, mentre quelli per le armi crescono sempre: quelle fornite all’Ucraina ammontano a diversi miliardi di dollari.

Ma soprattutto va posta fine all’impunità. Il diritto internazionale considera l’arruolamento di minori di 15 anni un crimine di guerra e il Tribunale Penale Internazionale ha condannato a 25 anni di carcere Dominic Ongwen, un capo del Lord’s Resistance Army, che fu rapito a 10 anni, mentre andava a scuola, ma poi è stato trasformato da vittima a carnefice. Queste condanne sono rare, infatti, come ammette il Rapporto ONU ad esempio per le violenze sessuali, l’impunità è quasi la regola. La strada per la giustizia è ancora lunga.

La pace è l’unica strada per eliminare tante sofferenze. I Paesi occidentali dovrebbero aiutare questi Paesi ad uscire dai conflitti e dal sottosviluppo con politiche mirate e non riempiendo i loro arsenali.

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