2023, anno elettorale per tre giganti africani

di Valentina Milani

Di Enrico Casale

Il 2023 sarà un anno elettorale per i tre giganti africani: Nigeria, Rd Congo e Sudan. Tre “pesi massimi” che determinano gli equilibri del continente dal punto di vista tanto economico quanto politico.

La prima ad aprire le urne, a febbraio, per l’elezione presidenziale è la Nigeria, che con i suoi duecento milioni di abitanti è il Paese più popoloso dell’Africa. «Se la Nigeria starnutisce, l’intera Africa occidentale prende il raffreddore», si diceva una volta e, in effetti, la Nigeria possiede la 26a economia mondiale per pil facendo leva su un settore petrolifero forte e su un terziario sempre più consistente grazie ai comparti di spettacoli, credito e telecomunicazioni. È, però, un gigante dai piedi di argilla, che deve fare i conti con profonde diseguaglianze sociali, ondate di insicurezza (con la ribellione in atto nel nord, dove imperversa la formazione islamista di Boko Haram, e le tensioni indipendentiste nell’ex Biafra), corruzione diffusa.

I candidati sono 18 ma, secondo i principali osservatori, le maggiori opportunità di essere eletti si restringono a tre di loro. Il più esperto è Atiku Abubakar, 75 anni, ex vicepresidente durante gli anni di Olesugun Obasanjo. Appartiene al Partito democratico popolare e viene dal nord dove, pur avendo ottimi rapporti con l’ideologo islamista Shehu Yar’Adua, negli anni scorsi si è opposto all’applicazione della legge islamica. A contendergli la poltrona presidenziale ci sarà Ahmed Bola Tinubu, 70 anni, ex governatore di Lagos e membro dell’All Progressives Congress, formazione attualmente al governo. Il terzo incomodo potrebbe essere Peter Obi, leader del Partito laburista. Quest’ultimo ha condotto, finora, una campagna aggressiva promettendo profonde riforme economiche e una lotta senza quartiere alla corruzione, minacciando di far arrestare numerosi membri della coalizione attualmente al governo.

Urne presidenziali attendono anche i cittadini della Repubblica democratica del Congo. La Commissione elettorale nazionale indipendente ha annunciato l’apertura del voto il 23 dicembre. Il condizionale però è d’obbligo. L’ultimo scrutinio presidenziale, la prima transizione democratica del Paese, è stato ritardato di due anni fino al dicembre 2018, quando è stata decretata la vittoria di Felix Tshisekedi sul predecessore Joseph Kabila. I candidati ufficiali dovrebbero essere annunciati a ottobre. Secondo gli osservatori internazionali, Tshisekedi proporrà la sua seconda candidatura. A sfidare il presidente dovrebbe esserci ancora Martin Fayulu, ex dirigente aziendale, che, a detta di molti analisti, è stato il vero vincitore delle elezioni del 2018, anche se poi la Corte costituzionale ha assegnato a Tshisekedi il successo. Chiunque vinca dovrà affrontare problemi enormi. Il primo e più grande è quello di una ripartizione equa dei proventi derivanti dalla ricchissima industria mineraria. Le sperequazioni sono enormi e alimentano povertà e rabbia nella popolazione. L’altro grande problema è quello della sicurezza. Attualmente si calcola che siano 120 i gruppi armati attivi soprattutto nelle regioni orientali (in cui abbondano le riserve di materie prime). Tra essi l’M23, che nel 2022 ha scatenato una vasta offensiva nell’est.

Un altro colosso africano al voto dovrebbe essere il Sudan. Abdel Fattah al-Burhan, il generale che nel 2021 ha fatto deragliare la transizione politica sciogliendo un governo a guida civile, ha dichiarato che le elezioni si terranno quest’anno, senza però fissare una data. Gli oppositori accusano Burhan di aver ribaltato il cammino verso la democrazia e l’apertura economica che erano stati avviati dopo la cacciata dell’ex leader Omar al-Bashir nel 2019. La leadership militare ha affermato di aver preso il potere per porre fine alle lotte politiche tra le parti civili, ma la mossa ha attirato la dura condanna delle potenze occidentali e la sospensione di miliardi di dollari di assistenza internazionale.

Tra le elezioni più rilevanti ci saranno anche le presidenziali in Liberia. Il principale partito di opposizione, lo Unity party, ha scelto Joseph Boakai come candidato. Boakai, 77 anni, è stato il vice della presidente Ellen Johnson Sirleaf. Candidatosi contro George Weah alle elezioni generali del 2017, ha perso al ballottaggio raccogliendo il 38% dei consensi. Il suo principale sfidante sarà, ancora una volta, George Weah, ex attaccante del Milan. La sua rielezione non è scontata, l’attività del governo è stata segnata da difficoltà, inclusa la massiccia corruzione e la presunta cattiva gestione delle materie prime.

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