05/11/2014 – Centrafrica – Traffici illegali e armi, irrisolti i nodi della crisi

di AFRICA

 

Nonostante l’embargo sui diamanti e sulle armi in vigore dallo scorso anno, in Centrafrica prosegue il traffico illegale di pietre preziose e oro, il cui ricavato serve all’acquisto di armi, continuando ad alimentare il conflitto. E’ cupo il quadro tracciato da un rapporto stilato da un pannello di esperti dell’Onu, evidenziando che i nodi della crisi centrafricana – in corso dal colpo di stato di marzo 2013 ai danni del presidente François Bozizé – sono ancora “irrisolti”.

Da quanto gli 81 paesi membri del processo di certificazione Kimberley hanno sospeso il Centrafrica per evitare che i “diamanti insanguinati” finanziassero il conflitto, circa 140.000 carati sono stati prodotti e venduti all’estero, per un valore stimato dagli esperti a 24 milioni di dollari. Gli ex ribelli Seleka, che hanno stabilito a Bambari (centro) il proprio quartier generale e controllano ampie porzioni di territorio al nord, concedono licenze minerarie per lo sfruttamento della miniera di Ndassima oltre a imporre tasse su vari prodotti (oro, diamanti, caffè e beni alimentari).

D’altra parte, evidenzia il rapporto, le armi sono continuate a circolare sia nei ranghi della Seleka che delle milizie di autodifesa Anti-Balaka, mietendo circa 3000 morti da dicembre 2013, data alla quale il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha imposto l’embargo. A causa degli attacchi commessi da uomini armati e combattenti ex Seleka, “si è creata una zona cuscinetto tra il nord del Centrafrica e il Ciad”.

Inoltre, aggiungono gli esperti, “il processo di disarmo delle varie fazioni ribelli è pressoché fermo dallo scorso marzo” e “ogni speranza di pace viene ulteriormente allontanata dalle divisioni sia all’interno della Seleka che degli Anti-Balaka”. Secondo gli esperti, la decisione della presidente di transizione Catherine Samba-Panza di aver fatto entrare nel governo esponenti dei due gruppi ribelli “potrebbe avere ulteriormente alimentato il conflitto, aumentando la competizione e le rivalità politiche per ottenere rappresentanze ministeriali e maggiori poteri”.

In conclusione, gli esperti delle Nazioni Unite suggeriscono il dispiegamento dei caschi blu della missione di peacekeeping (Minusca) nelle remoti regioni settentrionali nonché l’uso di droni per monitorare le zone controllate dai ribelli e impedire nuove violenze. La Minusca, operativa dalla scorso settembre, in mancanza di reclute e mezzi può soltanto contare su due terzi degli effettivi previsti di 12.000 uomini.

Intanto dalla città settentrionale di Kaga Bandoro è giunta la notizia, rilanciata dall’emittente locale Radio Ndeke Luka, di una ristrutturazione della coalizione ribelle ex Seleka. Un congresso, convocato dal leader Nourredine Adam e al quale hanno partecipato 250 delegati, ha dato vita a un’ala militare distinta dall’ala politica. Il nuovo stato maggiore è diretto dall’influente generale Akouna Arda, affiancato da due vice, Yaya Piskoum e Adoum Nanon. Mahamat Alkati è stato nominato consigliere militare incaricato delle questioni di sicurezza mentre Moustapha Kamoun e Ousman Mahamat Ousman rappresenteranno il gruppo all’estero. Dal suo esilio in Benin l’ex presidente e capo della Seleka Michel Djotodia ha affermato di essere l’unico “in grado di fermare la divisione del territorio centrafricano”, suggerendo di “essere richiamato al potere”. – Misna

 

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