Vaticano – Il Papa rinuncia al viaggio in Sud Sudan: troppo pericoloso

di Enrico Casale
Papa Francesco in Africa

«Il viaggio del Papa in Sud Sudan non sarà nel 2017». La conferma della notizia circolata già nelle scorse ore arriva dal portavoce vaticano, Greg Burke. Il quale, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha ricordato che «il viaggio era finora oggetto di studio», ma che «non è mai stato annunciato ufficialmente».

Tuttavia le parole dello stesso Francesco il 26 febbraio scorso, durante la sua visita nella Chiesa anglicana di “All Saints” a Roma, avevano lasciato intendere il contrario. E cioè che la trasferta – non facile – nel Paese africano piagato da una sanguinosa guerra civile si sarebbe potuta svolgere entro la fine dell’anno, magari in mezzo ai viaggi in Colombia (a settembre) e India e Bangladesh (previsto per fine novembre-inizio dicembre, anche se finora non ci sono state conferme ufficiali dalla Santa Sede). Le prime ipotesi indicavano infatti ottobre come il periodo possibile, anche in base alle temperature dell’area geografica.

Il Pontefice aveva inoltre espresso il desiderio di realizzare la missione in Sud Sudan insieme all’arcivescovo Justin Welby, primate anglicano, la maggiore confessione religiosa del Paese (i cattolici sono invece quattro milioni, circa un terzo della popolazione totale). «Sto studiando – erano state le esatte parole del Papa ad “All Saints” – i miei collaboratori stanno studiando la possibilità di un viaggio in Sud Sudan. Ma perché? Perché sono venuti i vescovi anglicano, presbiteriano e cattolico a dirmi: “Per favore venga in Sud Sudan magari una sola giornata. Ma non venga da solo, venga con Justin Welby”. Da loro, chiesa giovane, é venuta questa cosa, e stiamo pensando, là la situazione è molto brutta, ma vogliono la pace, insieme lavoriamo per la pace».

La situazione “brutta” è divenuta però tragica negli ultimi mesi con il peggioramento del contesto politico e l’acuirsi degli scontri ripresi in diverse zone del Paese, che hanno provocato una rottura del cessate il fuoco ed una grave crisi umanitaria denunciata a più riprese da vescovi e organizzazioni umanitarie e dallo stesso presidente Salva Kiir.

In una intervista a La Stampa – Vatican Insider di cinque giorni fa, l’arcivescovo di Juba, Paolino Lukudu Loro, alla guida dell’arcidiocesi nel 1983, dichiarava infatti: «La situazione umanitaria in Sud Sudan è drammatica… Ci sono soldati ovunque che, oltre a combattere tra loro, si macchiano di comportamenti indegni nei confronti dei civili. La popolazione è in fuga, non riesce più a lavorare, mancano le basi per la sopravvivenza a cominciare dal cibo».

Nonostante questo scenario doloroso, il presule esprimeva ugualmente la speranza dell’arrivo del Pontefice «quale chiave di volta nel processo di pace». Anzi assicurava: «Stiamo lavorando per portare a Juba il 15 ottobre il Santo Padre e l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, primate della Chiesa anglicana. In questi giorni emissari del Vaticano verranno in Sud Sudan per iniziare i preparativi. Oltre agli incontri istituzionali con il presidente e le opposizioni, c’è la volontà di concelebrare una messa in uno spazio pubblico e organizzare una visita lampo al campo di sfollati sotto protezione Onu a Juba».

Quasi una conferma dell’imminenza di un annuncio ufficiale, ma soprattutto il grido disperato di una Chiesa che vuole dire «basta armi, basta stupri, basta morti». «Finché ci saranno cadaveri per le strade sarà difficile dialogare», ha affermato monsignor Luduku spiegando anche che «insieme alle altre confessioni religiose abbiamo istituito il Consiglio delle Chiese del Sud Sudan, attore protagonista nell’accordo di pace siglato ad agosto 2015».

«Il contesto è molto fluido. Ma sono sicuro che il giorno in cui arriverà il Papa ci sarà un accordo tra le parti in conflitto per un cessate il fuoco e l’incolumità dei due leader spirituali sarà preservata», aggiungeva l’arcivescovo. Che ora spera in un miracolo dell’ultimo minuto.
(30/05/2017 Fonte: La Stampa)

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