Tunisia, protesta anti golpe e timori di deriva autoritaria

di claudia
il presidente Kais Saied

Diversi mandati di arresto sono stati emessi a seguito della manifestazione di protesta svoltasi ieri nella via del 20 marzo che porta alla piazza del Bardo e alla sede dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp), il parlamento tunisino, i cui lavori sono congelati dallo scorso 25 luglio. Lo riferiscono i media tunisini, precisando che i mandati d’arresto riguardano reati di distribuzione di denaro, porto di coltelli senza autorizzazione e sospetto uso di droghe.

In una nota, il ministero dell’Interno ha confermato che queste misure sono un’applicazione della legge in coordinamento con la procura, aggiungendo che i servizi di sicurezza hanno stimato il numero di partecipanti a questo evento a circa 3.500 persone. Il portavoce ufficiale del ministero dell’Interno Yasser Mesbah ha detto al corrispondente dell’agenzia Tap che alcune persone sono state arrestate vicino alla manifestazione in possesso di coltelli di diverse dimensioni e forme. Si sono verificati tafferugli tra le forze di sicurezza e i manifestanti dopo che alcuni di loro sono riusciti a rimuovere le barriere di sicurezza poste a tutti gli ingressi che portano al Parlamento, con l’obiettivo di dirigersi verso la sede stessa del Parlamento. Le forze di sicurezza sono intervenute bloccandoli. Alcuni manifestanti venuti da fuori Tunisi non hanno potuto accedere al sito, ostacolati dalle forze di sicurezza.

I dimostranti hanno protestato contro i provvedimenti presidenziali adottati dal capo dello Stato Kais Saied il 25 luglio, il 22 settembre e il processo che ne è seguito. Tra i manifestanti, membri della neonata iniziativa “Cittadini contro il colpo di Stato”, il movimento politico islamista Ennahda e la Coalizione per la Dignità.

Il 25 luglio scorso, dopo mesi di braccio di ferro con il primo ministro Hichem Mechichi, e con il partito di maggioranza in Parlamento, Ennahda, Saied ha fatto ricorso all’articolo 80 della Costituzione e ha assunto i pieni poteri per “salvare la Tunisia, lo Stato e il popolo tunisino”. “Questa non è una sospensione della Costituzione né un allontanamento dalla legittimità costituzionale, stiamo lavorando nel quadro della legge”, aveva detto.

Un articolo pubblicato oggi sul Financial Times cita un attivista dell’opposizione, Jaouhar Ben Mbarek, secondo il quale “Saied rimane popolare, ma la retorica divisiva del presidente ha creato un’atmosfera di intimidazione, secondo i suoi detrattori. Accusa gli oppositori di tradimento e ha paragonato coloro che lanciano appelli a manifestare a diavoli che dovrebbero essere lapidati”. Fino al colpo di stato di Saied, scrive la corrispondente al Cairo di Ft, “la Tunisia era vista come l’unico esempio di transizione democratica riuscita tra i Paesi arabi che si erano sollevati contro le dittature nel 2011. I tunisini, stanchi di anni di disfunzioni politiche sotto una porta girevole di deboli governi di coalizione, lo sostengono (il presidente, Ndr) in modo schiacciante, suggeriscono i sondaggi. Ma i critici temono che stia conducendo il Paese in un territorio inesplorato e verso il ritorno della dittatura. “I suoi decreti non possono essere impugnati e non ha annunciato alcun limite di tempo per le sue misure eccezionali”, ha detto Fadhel Abdel Kefi, ex ministro degli investimenti e capo di Afek Tounes, un partito politico liberale. “Abbiamo accolto le sue misure, in un primo momento, come uno shock necessario e abbiamo aspettato il suo prossimo passo. Ma per quanto una persona sia popolare, retta o capace, non può assumere tutti i poteri”.

A differenza dei tradizionali dittatori arabi forti, che spesso provengono dall’esercito  – scrive ancora l’Ft – Saied è un austero ex professore di diritto costituzionale. Un outsider senza alcuna affiliazione di partito, che ha chiarito di diffidare dei partiti politici e ha vaghi piani per un radicale ridisegno del sistema politico. La sua missione, dice, è quella di ripulire il Paese dalla corruzione.

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