Taglio della mano per chi ruba, le donne sudanesi dicono no

di Stefania Ragusa

In Sudan alcuni gruppi della società civile e le organizzazioni femminili hanno chiesto l’altro ieri di annullare la sentenza per il taglio di una mano e una gamba a un uomo condannato per furto. L’amputazione di una mano e di un piede ai lati opposti (la mano destra e il piede sinistro) è una delle norme che il diritto penale sudanese ha mutuato dalla legge islamica e si applica a furti, saccheggi o aggressioni a mano armata. Il verdetto è stato emesso il 23 giugno, ai sensi dell’articolo 168 del codice penale, contro un uomo condannato per il furto di 38.000 sterline sudanesi (48 dollari) e un telefono cellulare.

In una dichiarazione resa nota dal Sudan Tribune, le organizzazioni femminili e i gruppi per i diritti umani hanno chiesto di interrompere immediatamente l’applicazione di questa “punizione atroce” e di modificarla in modo che sia commisurata al crimine commesso. I gruppi hanno inoltre chiesto anche che venga attuata una riforma del sistema di giustizia penale che preveda l’abolizione delle “punizioni inumane e degradanti”, oltre alla firma dei trattati sui diritti umani come la Convenzione contro la tortura.

Nel luglio 2020, il parlamento ad interim ha modificato diverse leggi volte a prevenire la restrizione delle libertà pubbliche ma, al momento, non ha toccato la giurisprudenza legata alle norme religiose. Le sanzioni islamiche sono state introdotte in Sudan dall’ex presidente Jaafar Nimeiri nel settembre 1983, dopo la sua riconciliazione con gli islamisti.Le norme sono poi state potenziate dal governo di Omar al-Bashir.

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