Il capo della Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo (Monusco), Bintou Keita, ha presentato ieri le sue dimissioni lasciando anticipatamente il suo incarico. Lo si apprende dal sito web ufficiale della Monusco. I motivi delle sue dimissioni non sono stati resi noti.
Keita guida la missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo dal 2021 e avrebbe dovuto lasciare il ruolo a febbraio 2026. Secondo la Monusco, “al di là delle sfide del suo mandato – combattimenti, disastri naturali e il graduale ritiro delle truppe – Keita ha dimostrato che il mantenimento della pace non si limita all’uso di veicoli blindati e soldati. Il suo messaggio rimane semplice e convincente: è possibile lasciare un segno in una missione mantenendo un profondo legame con un Paese, i suoi giovani e la dignità della sua gente”.

Le dimissioni di Keita arrivano a pochissimi giorni dall’incontro di Washington tra il presidente congolese Felix Tshisekedi e il suo omologo ruandese Paul Kagame, che dovrebbero firmare il definitivo accordo di pace mediato dall’amministrazione Trump e dal Qatar e supervisionato dal Kenya. L’incontro tra i due capi di Stato prenderà spunto dall’accordo firmato a giugno dai ministri degli Esteri ruandese e congolese e sul quadro di integrazione economica regionale concordato all’inizio di novembre chee ci si aspetta che i due leader ratifichino entrambi. L’amministrazione Trump ha parlato di agevolare miliardi di dollari di investimenti occidentali in una regione ricca di tantalio, oro, cobalto, rame, litio e altri minerali. Secondo Tina Salama, portavoce del capo di Stato congolese, si prevede che i leader del Congo e del Ruanda ratificheranno l’accordo finale insieme al Quadro di integrazione economica regionale negoziato all’inizio di questo mese: “Il presidente ha sempre desiderato l’integrazione regionale, ma il rispetto della sovranità non è negoziabile ed è un prerequisito per l’integrazione regionale”, ha detto Salama.
A settembre, Congo e Ruanda avevano concordato di attuare entro la fine dell’anno le misure di sicurezza delineate nell’accordo di giugno: tra queste ci sono le operazioni volte a eliminare la minaccia rappresentata dal gruppo armato con base in Congo Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr) e a facilitare il ritiro delle truppe ruandesi ma, finora, i progressi sul campo sono stati risibili e molto poco significativi.

Il Congo orientale sopporta da anni un conflitto drammatico tra le forze governative e oltre 100 diversi gruppi armati, tra cui i ribelli M23. Questo conflitto si è intensificato all’inizio di quest’anno, quando l’M23 ha conquistato le principali città di Goma e Bukavu, aggravando una crisi umanitaria già grave. A novembre, Kinshasa e i ribelli dell’M23 hanno firmato un nuovo accordo di pace per porre fine al conflitto, accordo che tuttavia non ha interrotto i combattimenti. Il governo del Congo ha ripetutamente detto che qualsiasi accordo dipende dal ritiro del sostegno del Ruanda ai ribelli dell’M23 ma Kigali nega di sostenere questo gruppo ribelle, nonostante gli esperti delle Nazioni unite abbiano provato, a luglio, che il Ruanda esercita il comando e il controllo sul gruppo. In tal senso, Salama ha detto che qualsiasi accordo di pace deve escludere “qualsiasi mescolanza o integrazione di combattenti M23” ed ha aggiunto che il ritiro delle truppe ruandesi era già stato delineato nell’accordo firmato a giugno a Washington dai ministri degli Esteri di entrambi i Paesi: “Stiamo perseguendo la pace in un quadro di integrazione regionale” ha detto Salama: “Ciò che resta non negoziabile per noi è l’integrità territoriale della Rdc”.
La Monusco è operativa dal 2010, quando ha sostituito le precedenti operazioni delle Nazioni unite nella regione, e il suo mandato include la protezione dei civili, la facilitazione dei processi politici e il rafforzamento della governance.


