Sudan, l’opposizione divisa su bozza di accordo e ruolo dei militari

di claudia
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di Tommaso Meo

I militari golpisti sudanesi hanno detto e ribadito più volte negli ultimi due mesi di avere intenzione di lasciare il potere ai civili, ma al momento manca un accordo sulle basi legali per questo passaggio di consegne. L’opposizione infatti è divisa sul testo che dovrebbe regolare la nuova transizione e sul ruolo dei militari, nonostante dalle Nazioni Unite siano arrivate nei giorni scorsi rassicurazioni su un accordo più vicino e i militari abbiano rimesso la palla nel campo delle opposizioni. Per ultimo, Mohamed Hamdan Dagalo (conosciuto come Hemedti), leader della milizia delle Forze di Supporto Rapido e vice del generale Abdel Fattah al-Burhan, ha annunciato venerdì scorso che i generali hanno deciso di lasciare la scelta dei futuri capi di stato e primi ministri alle fazioni politiche civili.

All’inizio di questo mese, il sindacato degli avvocati, in coordinamento con la Ffc, altre organizzazioni locali della società civile e alcune organizzazioni internazionali di assistenza legale, hanno partecipato alla preparazione di una bozza di costituzione che è stata ultimata la scorsa settimana. La bozza includerebbe la formazione di una nuova struttura di governo civile che che comprenderebbe il consiglio dei ministri, l’assemblea legislativa e altre commissioni indipendenti, limitando il ruolo dell’esercito nella ristrutturazione delle Forze armate sudanesi (Saf).

La proposta, mediata da Stati Uniti, Regno Unito e Arabia Saudita è sostenuta anche dall’Onu, diversi Paesi europei e dall’Ue. Ma mentre il maggiore blocco di opposizione, le Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc), e alcuni altri elementi accettano la mediazione della comunità internazionale e sono aperti a negoziare con l’esercito, il movimento rivoluzionario più radicale e di base – compresi i comitati di resistenza, l’Associazione professionale sudanese, partito e altri – stanno per la maggior parte rifiutando l’accordo con l’esercito e di coordinarsi politicamente con le Ffc. Se tra i membri dell’opposizione c’è chi ritiene che questo accordo possa essere un primo passo verso un governo civile i comitati di resistenza, per la maggior parte sono ancora inamovibili dietro i loro “tre no”: no al negoziato, al compromesso e alla partnership con i militari, che da mesi portano in piazza durante le manifestazioni contro il golpe di ottobre.

L’ultima settimana ha visto intensificarsi le divisioni nell’opposizione anche all’interno dei diversi comitati di resistenza, scrive Middle East Eye dopo aver parlato con diverse fonti. Alcuni comitati hanno dichiarato che stanno cercando di unificare l’intera opposizione al colpo di stato – compresi i partiti politici – mentre altri stanno rifiutando questa idea e si stanno attenendo alla tabella di marcia politica che avevano messo in atto per gestire la fine del colpo di stato. In risposta a questi tentativi le Ffc hanno risposto in una nota che “il modo migliore per sconfiggere il colpo di stato sia unificare le intere forze civili, poiché sappiamo che l’unica parte che beneficia delle divisioni tra le forze rivoluzionarie sono le potenze controrivoluzionarie”.

L’accordo promosso dall’Ordine degli avvocati, però, sta scontentando altri gruppi per motivi diversi e aprendo nuove divisioni. Il Consiglio della Shura del partito del Congresso popolare, di stampo islamista, ha respinto domenica la bozza di costituzione transitoria, firmata dalla segreteria ad interim del partito, denunciando le interferenze straniere e un modello proposto troppo laico. Dallo scorso giugno, l’organo collegiale del partito è in aperto conflitto con il segretariato direttivo dopo il licenziamento del segretario politico e altri due membri. Secondo Sudan Tribune, la posizione del Consiglio della Shura riflette la spaccatura tra gli islamisti sudanesi sul posto delle leggi islamiche negli stati moderni.

Al netto di queste posizioni, la questione su cui si giocherà il futuro di ogni accordo politico per una nuova transizione, secondo gli esperti, sarà però il ruolo dei militari. Per qualcuno la loro presenza è un tabù difficilmente superabile per alcuni gruppi, con tutta probabilità serviranno garanzie interne e internazionali per regolare l’uscita dell’esercito dal governo dello Stato. I negoziati per questo potrebbero essere solo all’inizio.

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