Stati Uniti | Cobalto, multinazionali alla sbarra

di Enrico Casale
minatori

Apple, Google, Tesla e Microsoft potrebbero essere chiamate a rispondere davanti a un tribunale statunitense dei decessi e delle lesioni subite da minatori nella Rd Congo. La citazione in giudizio è stata richiesta da un gruppo di avvocati per i diritti internazionali per conto di 14 famiglie congolesi. I legali accusano le aziende di sapere che il cobalto congolese usato nei loro prodotti potrebbe essere stato estratto da lavoratori minorenni. Il minerale viene utilizzato per produrre batterie agli ioni di litio utilizzate per alimentare auto elettriche, laptop e smartphone.

Da anni, le organizzazioni internazionali denunciano le violazioni dei diritti umani e la corruzione legata allo sfruttamento minerario. Ma senza successo. Questa causa, intentata negli Stati Uniti, si basa sulla tesi che le società tecnologiche abbiano «conoscenze specifiche» sull’estrazione del cobalto e siano coscienti del fatto che esso possa essere collegato al lavoro minorile. I legali accusano le grandi imprese di non essere riuscite a controllare le catene di approvvigionamento e hanno invece tratto profitto dallo sfruttamento.

Altre società elencate nella causa sono il produttore di computer Dell e due società minerarie, Zhejiang Huayou Cobalt e Glencore, che possiedono i terreni sui quali le famiglie congolesi sostengono che i loro figli lavoravano. Glencore ha dichiarato in una nota al quotidiano britannico Telegraph che «non acquista, tratta o commercia alcun minerale estratto artigianalmente» aggiungendo anche che «non tollera alcuna forma di lavoro minorile, forzato o obbligatorio».

I documenti del processo, visti dal quotidiano britannico The Guardian, forniscono diversi esempi di bambini minatori sepolti vivi o affetti da lesioni dopo il crollo di un tunnel. Le 14 famiglie congolesi chiedono alle compagnie compensazioni per il lavoro forzato, per lo stress emotivo e per la supervisione negligente. In risposta al Telegraph, Microsoft ha dichiarato di essere impegnata in un’azione di approvvigionamento responsabile di minerali e di aver avviato indagini su eventuali violazioni da parte dei suoi fornitori.

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