Per una Nigeria migliore, la protesta cambia forma ma dilagano razzie

di Celine Camoin

Numerosi atti vandalici registrati in diversi Stati nigeriani nel fine settimana hanno spinto il capo della polizia, Mohammed Adamu, a mobilitare tutte le forze in campo per contrastare i saccheggi. Negozi, abitazioni private, edifici pubblici, persino i locali umanitari delle Nazioni Uniti a Calabar, nello Stato di Cross River, sono stati presi d’assalto dai vandali.

Dopo oltre due settimane di storiche proteste contro la brutalità della polizia (che hanno fatto il giro del mondo attraverso gli hashtag #endSars e #endopolicebrutality), culmine di una campagna iniziata in realtà già da qualche anno, la Nigeria non ha ancora finito di contare i danni e di valutare il bilancio umano, morale ed economico dei recenti sviluppi.

Intanto, la coalizione dei movimenti di protesta ha fatto sapere di sospendere le manifestazioni, ma di voler mantenete viva e attiva l’iniziativa. «Siamo più che mai decisi a far pressione non solo per la giustizia, ma per una Nigeria rinnovata e migliore, in cui tutti i nigeriani possano vivere in sicurezza e prosperare» scrive la coalizione. Nuovi obiettivi e nuove modalità di sensibilizzazione sono annunciate: aiutare a ripulire e ricostruire ciò che è stato danneggiato durante le proteste, proseguire la campagna online, lavorare sulla sensibilizzazione comunitaria attraverso l’educazione, fissarsi una scadenza entro la quale le rivendicazioni dovranno essere soddisfatte elaborare strategie a breve, medio e lungo termine e creare una struttura, dotata di rappresentanti, per dare corpo e organizzazione al movimento.

«Queste proteste  – sottolinea la coalizione – non sono mai state politicamente motivate. Non è una questione etnica o tribale. I giovani in tutto il Paese stanno chiedendo giustizia, buon governo, trasparenza e riforme. Queste proteste non hanno uno sponsor, non hanno un’agenda, se non quella che abbiamo sempre esposta: una migliore governance, un maggiore senso delle responsabilità, e la fine della brutalità».

Condividi

Altre letture correlate: