Niger, “il rapimento di Eva Gretzmacher è un attacco ai valori”

di claudia

di Céline Camoin

Una riflessione di Christoph Gretzmacher sulle profonde sfide del Sahel, a una settimana dal sequestro della madre Eva, una cittadina di 73 anni di origine austriaca e che da 28 anni viveva ad Agadez, dov’era molto ben inserita e conosciuta dalla comunità locale.

“Il rapimento di Eva Gretzmacher va oltre una tragedia personale: mette in luce le profonde sfide che deve affrontare la regione del Sahel. Una regione ricca di potenziale è oggi dilaniata da conflitti, insicurezza e sfiducia diffusa. Ma questa crisi non è necessariamente inevitabile. Il Sahel può essere più di un luogo di violenza. Può diventare uno spazio di convivenza e collaborazione, se abbiamo il coraggio di agire insieme”. Sono le parole del figlio di Eva, Christoph Gretzmacher, in un appello lanciato sabato a una settimana del sequestro della madre, una cittadina di 73 anni di origine austriaca e che da 28 anni viveva ad Agadez, dov’era molto ben inserita e conosciuta dalla comunità locale.

“Eva Gretzmacher ha trascorso decenni in questa regione. Ha creato legami, sostenuto comunità e dimostrato che la collaborazione oltre i confini culturali ed etnici è possibile. Il suo rapimento è un attacco ai valori che incarna: solidarietà, rispetto e umanità. Ma questo evento è anche l’occasione per porsi una domanda cruciale: per quanto tempo permetteremo che la divisione e la violenza determinino il futuro di questa regione?”, scrive il figlio.

(Foto di MICHELE CATTANI / AFP)

“Il Sahel ha bisogno di una nuova visione. Una visione basata sull’unità piuttosto che sull’ostilità. Una visione che offre ai giovani una prospettiva futura basata sullo sviluppo, l’istruzione e gli scambi economici. È tempo di stabilire regole chiare, linee rosse che non devono essere oltrepassate, aprendo nel contempo percorsi che promuovano la cooperazione e la pace. I Tuareg, i Peul, gli Hausa, i Toubou, i Songhai, gli Zarma, i Kanouri, gli Arabi, i Gourmantché, i Mossi e tutte le altre comunità di questa regione devono capire che la loro forza risiede nella loro unità. Le vecchie strutture hanno fallito e la responsabilità ricade ora su una nuova generazione, abbastanza coraggiosa da lasciarsi alle spalle i vecchi conflitti e costruire insieme un futuro migliore”.

Christoph rivolge questo appello non solo agli abitanti del Sahel, ma anche alla comunità internazionale. “Non possiamo restare inerti mentre una regione con un potenziale immenso sprofonda nel caos e nella violenza. È necessario lavorare insieme, con rispetto, per costruire una pace duratura e una stabilità duratura. Il rapimento di mia madre dovrebbe segnare una svolta. Questo evento simboleggia l’urgenza di trovare un nuovo percorso, basato sul dialogo, sulla comprensione e su una nuova storia comune per questa regione. Il Sahel può tornare a essere un luogo di speranza, uno spazio in cui le culture si incontrano per costruire un futuro promettente. Ma questo cambiamento può avere inizio solo se agiamo. Tutto inizia qui. Tutto inizia adesso. E tutto inizia da ognuno di noi”.

In pochi giorni, dopo il rapimento di Eva, anche un cittadino spagnolo è stato rapito nel Sahara algerino e portato in Mali, ma è stato liberato ieri. Quattro autisti marocchini scomparsi in Burkina Faso sono stati anch’essi ritrovati sani e salvi ieri, ma i loro mezzi, pieni di merci, sarebbero in mano a non meglio identificati sequestratori.

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