Migranti uccisi a Melilla, sgomento contro la fortezza Europa

di AFRICA
Melilla immigrati

Dieci associazioni marocchine e internazionali per la difesa dei diritti umani hanno chiesto l’apertura di un’indagine sulla morte di almeno 23 migranti (questo il bilancio ufficiale marocchino, mentre altre fonti parlano di 27 o addirittura 37 vittime) che venerdì hanno tentato con la forza di varcare il confine tra il Marocco e l’enclave spagnola di Melilla.

Circa 2.000 migranti, perlopiù di origine subsahariana, si sono lanciati venerdì all’assalto dei recinti per accedere a quel pezzo di Europa ancorato sul territorio nord-africano. Secondo le autorità marocchine, anche 140 agenti di sicurezza sono stati feriti negli scontri.

Il comunicato è stato firmato dall’Associazione marocchina per i diritti umani, l’Associazione per gli aiuti ai migranti in situazioni di vulnerabilità- Marocco, Attac-Cadtm (Marocco), Caminando Fronteras (Spagna), il Consiglio dei migranti subsahariani in Marocco, EuroMed Rights ( Europa), Alternatives Espaces Citoyens (Niger), Pateras de la Vida (Marocco), Alarm Phone (Europa) e il Gruppo antirazzista per la difesa e il sostegno degli stranieri e dei migranti (Marocco).

Consultato dal sito d’informazione marocchino Yabiladi, il comunicato sottolinea che queste morti ai confini della “fortezza europea lanciano l’allarme sulla natura mortale della cooperazione in materia di sicurezza in termini di immigrazione tra Marocco e Spagna”. Per diverse settimane, campagne di arresti, perquisizioni nei campi, sfollamenti forzati di migranti “hanno prefigurato che una tragedia di questa natura stava per accadere”, aggiungono i firmatari. “La ripresa della cooperazione in materia di sicurezza nell’ambito delle migrazioni tra Marocco e Spagna ha avuto la diretta conseguenza del moltiplicarsi delle azioni coordinate tra i due Paesi”, afferma la dichiarazione. Le associazioni hanno anche rilevato “violazioni dei diritti umani delle persone in movimento” nelle città di Nador, Tetouan, Tangeri o anche El Aaiún e Dakhla. Queste “spedizioni punitive” hanno provocato una spirale di violenza da entrambe le parti, denuncia il comunicato. “Per più di un anno e mezzo, le persone che migrano a Nador sono state private dell’accesso a medicinali, assistenza sanitaria, hanno visto i loro campi bruciati e le loro proprietà saccheggiate”, così come le loro derrate alimentari e l’acqua potabile sono state confiscate e distrutte, deplorano le associazioni.

I firmatari chiedono la restituzione dei resti delle vittime alle loro famiglie e l’apertura immediata di un’indagine giudiziaria indipendente da parte marocchina e spagnola, nonché a livello internazionale per fare luce su questa tragedia umana. Oltre alla fine delle politiche finanziate dall’Unione Europea, le associazioni chiedono alle rappresentanze diplomatiche dei Paesi africani presenti in Marocco di assumersi pienamente le proprie responsabilità in termini di protezione dei propri cittadini.

La denuncia è stata fatta propria anche dal presidente della Commissione dell’Unione africana (Ua), Moussa Faki Mahamat, che ha chiesto l’apertura di un’indagine sull’episodio. In un tweet pubblicato ieri, Faki ha ricordato a tutti i Paesi i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale di trattare tutti i migranti con dignità e di dare priorità alla loro sicurezza e ai diritti umani, astenendosi dall’uso eccessivo della forza. 

“Esprimo il mio profondo sgomento e preoccupazione per il trattamento violento e degradante dei migranti africani che tentano di attraversare un confine internazionale dal Marocco alla Spagna, con la violenza che ne è seguita che ha portato alla morte di almeno 23 persone e al ferimento di molti di più”, ha dichiarato il presidente della Commissione Ua.

Secondo le informazioni rese note oggi, il Marocco ha intrapreso un’operazione di comunicazione per spiegare ai diplomatici africani accreditati a Rabat il dramma di Melilla, avendo organizzato ieri, presso la sede del ministero degli Affari Esteri un incontro con alti funzionari dei ministeri dell’Interno, tra cui Khalid Zerouali, direttore della migrazione e della sorveglianza delle frontiere, e ambasciatori africani.

Al termine dell’incontro, alcuni diplomatici hanno appoggiato la versione ufficiale marocchina. Il rappresentante del Camerun, decano degli ambasciatori africani, Mohammadou Youssifou, ha così elogiato “le azioni di controllo sui migranti portate avanti dal Marocco”, ricordando che nel 2013 il Marocco aveva avviato “un’operazione per regolarizzare più di 25.000 persone in situazione irregolare. “Il Marocco rappresenta l’Africa con dignità nel dialogo internazionale sulle migrazioni”, ha affermato. “Siamo solidali con il Marocco”, ha aggiunto, sottolineando che l’assalto di venerdì 24 giugno ha subito “violenze inaudite da parte di migranti pronti a combattere con la polizia marocchina”.

La stessa solidarietà è stata espressa dall’ambasciatore nigeriano, Albashir Ibrahim Saleh Al Hussaini, che ha puntato il dito sulla responsabilità delle reti criminali dell’immigrazione nella morte dei migranti. Il suo collega ciadiano, Mahamat Abdelrassoul, è andato oltre, dicendosi convinto che “c’è certamente una ramificazione esterna che sta accendendo il fuoco per mettere in discussione la politica migratoria del Marocco nei confronti dei cittadini africani”.

Totale condanna, invece, da parte dell’Algeria attraverso Amar Belani, inviato speciale dell’Algeria per il Sahara occidentale e i Paesi del Maghreb, secondo cui “questi tragici eventi mettono in luce la sistematica violazione dei diritti umani da parte di uno Stato che ha scelto, da un lato, di sfruttare lo spauracchio della sommersione migratoria a scopo di ricatto politico e, dall’altro, di svolgere il ruolo di poliziotto contro denaro nell’esternalizzazione della gestione delle frontiere esterne dell’Ue”. “Gli organismi internazionali e in particolare l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati devono svolgere indagini indipendenti e trasparenti per determinare le responsabilità e fare luce su questi tragici eventi”, ha detto Belani ai media algerini.

Il fronte Polisario, che lotta per l’indipendenza del Sahara Occidentale (marocchino) non ha mancato di esprimersi a condanna di Rabat, invitando “l’Unione Africana, le Nazioni Unite e tutte le altre organizzazioni per la difesa dei diritti umani e dei diritti dei migranti a intervenire urgentemente per salvare migliaia di vite la cui sicurezza è attualmente in gioco condannando il modo barbaro con cui sono stati trattati da venerdì dalle forze repressive marocchine”.

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