Marocco, la piaga delle spose bambine

di Enrico Casale
Marocco, la piaga delle spose bambine

Marocco, la piaga delle spose bambineIn Marocco il fenomeno delle spose bambine non sembra arrestarsi. Un rapporto congiunto di Unicef, Consiglio nazionale dei diritti umani e alcune associazioni della società civile, afferma che sono almeno 35mila i matrimoni tra minori registrati nel 2013, con un aumento del 91% rispetto al 2004. Secondo lo studio, queste cifre non sono rappresentative della realtà, perché molte unioni si celebrano solo con una funzione religiosa, senza la registrazione all’anagrafe come matrimonio civile. Secondo l’analisi più dell’85% dei genitori è d’accordo sul fatto che i figli vengano coinvolti in matrimoni precoci. In Marocco, secondo altre statistiche riportate dall’agenzia AnsaMed, questo fenomeno coinvolge il 16% delle donne di età compresa tra i 16 e i 24 anni e addirittura il 3% di quelle che hanno meno di 15 anni.

Il fenomeno è presente tanto nelle zone urbane quanto in quelle rurali. Non è quindi una scelta legata solo alla condizione economica, ma è la conseguenza di una tradizione difficile da scardinare e che vede la donna «ostaggio» delle decisioni prese dalla famiglia. Con conseguenze fortemente negative. Per sposarsi, infatti, le ragazze devono lasciare la scuola, condannandosi così a una condizione di marginalizzazione, e diventano madri in età giovanissima, con grandi rischi per la loro salute psico-fisica. Secondo quanto riporta AnsaMed, alcune recenti indagini riferiscono di ragazze chiaramente costrette al matrimonio. E lo stesso matrimonio per loro diventa un calvario. Come ha detto una diciassettenne per la quale ogni qualvolta il marito le si avvicina per un rapporto sessuale, la sola sua risposta era quella di restare immobile, reprimendo anche il naturale istinto delle lacrime.

Per arginare il fenomeno il Marocco ha fissato con una legge una età minima per il matrimonio: 18 anni. La stessa legge però prevede una serie di eccezioni e deroghe che, nei fatti, ne minano l’efficacia. Il fenomeno è diffuso anche negli altri Paesi del Maghreb e anche lì le autorità hanno  adottato misure di contrasto, fissando l’età minima a 17 anni (come in Tunisia) o a 19 anni (come in Algeria).

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