L’esperienza mistica di Rivaldo in Angola

di Enrico Casale
rivaldo

Una rotta tracciata a matita e un piano divino da assecondare: era l’agosto del 2011 quando Rivaldo annunciò al mondo intero, in compagnia della sua guida spirituale, Victor Adewole, di aver investito nell’acquisto di un appezzamento di terra a Luanda, la capitale dell’Angola, per costruirci una chiesa.

Ciò che l’ex campione della Seleção e del Barcelona non aveva preventivato, al contrario, è che proprio in Angola avrebbe scritto un altro capitolo della sua globetrotteriana carriera: uno strascico della provvidenza, oppure semplicemente una logica consequenzialità degli eventi, che tuttavia trascende e si disincanta dalla mera casistica meditando sul fatto che tutto questo sia successo in un Paese fortemente influenzato dall’idioma portoghese, per via del suo passato coloniale.
E per giunta in una squadra, il Kabuscorp, che sin dalla sua fondazione, nel 1994, è sempre stata impegnata nell’ambito del sostegno sociale e della beneficenza.

L’approdo in Africa dell’ormai ex O Extraterrestre, diventato realtà nel gennaio del 2012, suscitò immediatamente un’enorme disparità di pensiero tra i vari organi di stampa locali: tra chi, come José Cunha, noto cronista per la radio Lac di Luanda, etichettò il trasferimento dell’ex Pallone d’Oro 1999 come una caccia all’ultimo esilio dorato, e chi si lanciò in accuse ben più audaci e complottiste, ipotizzando una strategia di marketing del governo brasiliano.

Un’accozzaglia di opinioni intrise di pregiudizi e scetticismo, comunque non sufficienti a spegnere l’entusiasmo del presidente del club, Bento Kingamba, che nella conferenza stampa di presentazione del brasiliano si pronunciò così: «Tutti gli altri club si stanno rafforzando molto e noi non possiamo rimanere a guardare. Si parla molto di Rivaldo, e della sua età, ma un calciatore dotato delle sue qualità e della sua esperienza ha ancora tanto da dare al calcio e, speriamo, anche all’Angola».

A dire il vero l’esordio assoluto del brasiliano nel Girabola, alla seconda giornata, non è dei migliori: una sconfitta di misura patita per mano del Primeiro de Agosto, in trasferta, dove Rivaldo non dà la sensazione di poter incidere più di tanto nell’economia del Kabuscorp, apparendo piuttosto opaco e appesantito dall’avanzare degli anni.

Nulla a che vedere, insomma, con la prima casalinga: tempo di una settimana, come per la genesi. All’Estádio dos Coqueiros l’attaccante di Recife si scrolla di dosso tutta la naftalina per travestirsi da one-man show: tripletta vergata al malcapitato Recreativo Caála davanti a undicimila spettatori accorsi lì per lui, in attesa di un’apparizione. Prima un tap-in, da vero opportunista, poi una punizione all’incrocio con un biglietto di sola andata e, infine, uno scavetto da applausometro. Non sarà l’ultima: ne segnerà un’altra alla fine di luglio, nel trionfo per 4-1 contro il Bravo do Maquis, alla diciannovesima giornata.

A fine campionato le reti saranno undici in ventuno gare: quanto basta per impadronirsi del terzo posto nella classifica marcatori, alle spalle di Yano (14) del Progresso Sambizanga e Mingo Bile (12) del Primeiro de Agosto, e del riconoscimento come miglior giocatore straniero della lega.

Comunque non abbastanza, purtroppo per il presidente Bento Kingamba, per portare il primo titolo di Girabola nella sala trofei del Kabuscorp, che chiuderà solamente al quarto posto. All’inizio di novembre, invece, arriva l’addio al club, ma non all’Angola: «Sono grato al presidente, ai fan, ai miei compagni di squadra per l’affetto e il sostegno ricevuti: l’Angola è una pietra miliare della mia vita, sarà la mia seconda casa, tornerò quando otterrò la residenza. Ho avuto il piacere di scoprire un’altra cultura e di aiutare molti bambini bisognosi attraverso l’istituto Rivaldo10: me ne vado felice e spiritualmente arricchito».

Con queste parole Rivaldo si congedò dal Kabuscorp l’indomani della conclusione del campionato, tramite il suo profilo Twitter. Dei ringraziamenti sentiti e sinceri per il presidente Bento Kingamba, per suoi compagni di squadra e tutti i tifosi, che tuttavia non bastarono per inalberare i cinguettii al veleno rivolti qualche mese prima all’allenatore Victor Bondarenko, colpevole secondo il brasiliano d’aver escluso troppe volte dai titolari sia lui che i due compagni di reparto, Mazenga Sawú e Daniel Mpele Mpele, autori in quel momento di 22 dei 32 gol totali segnati dalla squadra nel Girabola.

Ma non finisce qui. Lo scorso anno, infatti, il Kabuscorp ha rischiato una retrocessione d’ufficio nella Girangola dopo un’indagine condotta dalla Fifa per alcuni pagamenti insoluti: in primis per l’affare legato a Trésor Mputu del Mazembe, avvenuto nel 2014, e poi proprio per Rivaldo, che da sei anni a questa parte attendeva il pagamento arretrato di una somma di denaro di 750mila dollari.

Alla fine, per i biancorossi è arrivata “solo” una penalizzazione di 12 punti in campionato, sei a testa per i due illeciti sportivi: molto meglio, del resto, perdere sei posizioni in classifica, piuttosto che sprofondare nel baratro della seconda divisione per questioni finanziarie. Croce e delizia: probabilmente è questa la definizione più consona per conferire una forma tangibile all’esperienza di Rivaldo nel calcio angolano.

Da un lato i meriti del calciatore: per aver regalato un posto sulle cartine geografiche del football mondiale a un contesto all’epoca sconosciuto, peraltro solo attraverso l’eco mediatico del suo nome. Dall’altro l’ego di un uomo che ha generato non pochi grattacapi gestionali al suo allenatore d’allora, messo più volte alle strette da una presenza dal peso specifico piuttosto ingombrante. Una dicotomia di pensiero che a distanza di ormai sette anni lascia spazio a libere interpretazioni quando si parla dell’ex attaccante brasiliano: un po’ come accadde in quei giorni di gennaio del 2012, agli albori della sua avventura angolana. Perché, in fin dei conti, uno come Rivaldo ha sempre diviso l’opinione pubblica, e continuerà a dividerla: in equilibrio sul vuoto cosmico tra le memorie di un O Extraterrestre e la frammentaria fenomenologia di un globetrotter.
Daniele Pagani
www.calcioafricano.com

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