L’elisir degli elefanti

di claudia

di Marco Trovato

Ogni anno a febbraio, nel bel mezzo dell’estate australe, i branchi di elefanti si muovono come ipnotizzati da un profumo seducente diffusosi nella boscaglia. Camminano pergiorni, percorrono decine di chilometri, inseguono l’aroma sprigionato della marula (Sclerocarya birrea), un albero selvatico di medie dimensioni, resistente alla siccità, che cresce spontaneo in Africa meridionale.

Sulle orme dei pachidermi
Conosciuta anche come “Albero degli Elefanti” o “Albero del Matrimonio” (perché simbolo di fertilità e perché sotto la sua chioma rigogliosa, che ricorda un baldacchino nuziale, si celebrano le unioni tradizionali), la pianta è venerata da molti popoli per l’abbondanza del raccolto e per la molteplicità di utilizzo di ogni sua parte. I noccioli tostati sono noti come il “cibo dei re” per la loro prelibatezza. Le foglie vengono utilizzate come spezia e per condimenti. Particolarmente apprezzati i frutti, simili a prugne gialle. Hanno una polpa bianca di consistenza fibrosa e dal sapore molto dolce, al cui interno si nasconde un nocciolo molto duro, con due o tre semi ricchi di olio e proteine. Possono essere consumati sia crudi sia cotti e per preparare una deliziosa marmellata. Lasciandoli fermentare si ottiene una potente bevanda alcolica, diffusa dalla Namibia al Mozambico, dagli effetti inebrianti. Sembra che gli elefanti, ghiotti dei frutti di marula caduti per terra e leggermente fermentati, finiscano per ubriacarsi. Di certo l’idea di produrre un liquore ricavato dalla marula è venuta osservando il comportamento disinibito ed eccitato dei pachidermi.

Nel settembre del 1989, dopo anni di sperimentazioni nei laboratori della Distell Group Limited, colosso degli alcolici sudafricani, è stato immesso in commercio l’Amarula, un liquore dolce e vellutato, con una gradazione alcolica di 17 gradi, che ben presto ha conquistato i palati dei consumatori locali. Con la fine dell’apartheid, nel 1994, si è imposto a livello internazionale, diventando il secondo prodotto più venduto al mondo nella categoria delle creme di liquore dopo la Baileys Irish Cream.

Invecchiato due anni

Il processo di produzione dell’Amarula inizia con la raccolta dei frutti selvatici, che avviene a mano nel bush (in Sudafrica la pianta è protetta dalla legge, come gli elefanti). Sono proprio i movimenti dei pachidermi che segnalano ai produttori il momento in cui i frutti sono giunti al giusto grado di maturazione. La polpa, separata dalla scorza e dal nocciolo, viene trasportata al centro di lavorazione di Stellenbosch, nella provincia del Capo Occidentale, dove avviene la fase di fermentazione, che dura una decina di giorni. La sostanza fibrosa depositatasi sul fondo delle cisterne viene pressata per estrarre i succhi residui, che vengono poi distillati e invecchiati per almeno due anni in botti di rovere francese. È in questa fase che il liquore acquisisce le caratteristiche note fruttate di caramello e vaniglia, impreziosite – poco prima dell’imbottigliamento – dall’aggiunta di panna fresca. Si ottiene così una bevanda simile alla crema di whisky tra le più vendute al mondo, raro esempio di successo internazionale della manifattura africana, prodotto da un’azienda che ha fatto della responsabilità sociale d’impresa un tratto distintivo, come dimostrano le campagne avviate da tempo contro l’abuso e la dipendenza dall’alcol (una piaga sociale in Sudafrica) e il finanziamento di progetti di salvaguardia degli elefanti.



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