L’attentatore che distrusse dei mausolei di Timbuktu si pente e invoca la libertà

di claudia

Ahmad Al Faqi Al Mahdi, jihadista maliano condannato nel 2016 a nove anni di carcere dalla Corte penale internazionale (Cpi) per aver distrutto dei mausolei a Timbuktu, ha lanciato ieri un appello chiedendo di essere liberato. Lo riportano le agenzie internazionali.

L’ex jihadista è stato condannato per aver diretto intenzionalmente attacchi contro la porta della moschea di Sidi Yahia e nove dei mausolei di Timbuktu, classificati patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, che sono stati distrutti con picconi, zappe e scalpelli.

Trasferito dal 2019 in un carcere in Scozia, Al Mahdi afferma di essersi pentito: “Vi assicuro che mi sono completamente dissociato dal mondo della criminalità e non vi tornerò mai più”, ha dichiarato ai giudici in una nota in cui ha chiesto loro di accettare la sua richiesta di rilascio anticipato. Il suo avvocato d’ufficio, Mohamed Aouini, sottolinea che “in questi sei anni è diventato una persona migliore”. Aouini afferma che Al Mahdi “ha chiesto alle vittime di perdonarlo. Non è più lo stesso uomo che era quando è arrivato all’Aia”.

Nato intorno al 1975, Al Mahdi faceva parte di Ansar Dine, uno dei gruppi jihadisti legati ad Al-Qaeda che ha controllato il nord del Mali per una decina di mesi, nel 2012. Un intervento internazionale lanciato nel gennaio 2013 dalla Francia ha neutralizzato questo gruppo. Al Mahdi era a capo della Hisbah, la brigata dei costumi islamici.

L’accusa si è detta favorevole alla riduzione della pena. La Corte Penale Internazionale ha stimato in 2,7 milioni di euro l’ammontare dei danni causati da Al Mahdi, il quale non ha i fondi per le riparazioni.

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