In Libia c’è aria di svolta. Parla Varvelli, grande conoscitore del Paese

di Stefania Ragusa

«Forse siamo a una fase di svolta perché il clima internazionale sta cambiando. Detto questo non so se il forum che si sta tenendo a Ginevra possa portare cambiamenti radicali». Così Arturo Varvelli, responsabile dell’ufficio romano e Senior Policy Fellow dell’European Council on Foreign Relations e tra i massimi esperti italiani di Libia, inquadra l’attuale fase politica nel Paese nordafricano.

Il Forum di dialogo politico libico iniziato ieri a Ginevra dovrebbe nominare un triumvirato che, a sua volta, dovrebbe eleggere un premier. «Se queste nomine dovessero andare a buon fine – osserva Varvelli in una conversazione con Africa Rivista -, potrebbe aprirsi una nuova fase. Il problema è se non dovessero esserci. Quale forza internazionale potrebbe assumersi la responsabilità di sostenere il processo politico?». Secondo Varvelli, il contesto internazionale nelle ultime settimane è cambiato. «Gli Stati Uniti hanno richiamato con un proprio documento ufficiale le principali potenze coinvolte direttamente o indirettamente nel conflitto – continua -. Questa è una grande novità voluta dal nuovo presidente statunitense, Joe Biden. L’amministrazione Usa però è ancora “giovane” e impegnata su diversi dossier per forzare la mano sulla questione libica. Penso quindi che, al momento, non interverrà».

In Libia rimangono invece Russia e Turchia. Entrambi con forti interessi geostrategici nell’area. Nonostante l’accordo di cessate-il-fuoco prevedesse il ritiro delle truppe straniere dal territorio, né Ankara né Mosca hanno ancora ritirato le loro truppe. «Personalmente – osserva Varvelli -, non credo che se ne andranno presto. Detto questo è anche vero che entrambi i Paesi sono sovraesposti a livello mondiale e, prima o poi, dovranno ridimensionare le loro ambizioni. Quando? Come? Difficile dirlo. Probabilmente il loro ritiro sarà condizionato anche da che cosa l’Occidente (Usa e Ue) sarà in grado di garantire loro come “merce di scambio”. Pensiamo per la Russia, al sostegno interno all’oppositore Aleksej Navalnyj, al dossier Ucraina, ai gasdotti. Per la Turchia, il ruolo in Siria, i sostegni economici e militari».

Il Forum quindi potrebbe essere un momento di passaggio verso una soluzione politica che dovrebbe arrivare in futuro. «Al Forum non ci sono personalità di spicco della scena – conclude Varvelli -. I veri leader sono rimasti in Libia. Quindi le eventuali nomine dovranno passare attraverso i giochi della politica libica tenendo conto delle rivalità. Nei mesi scorsi, per esempio, Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, si oppose alla nomina a presidente di Aguila Saleh perché, probabilmente, vedeva in lui un pericoloso antagonista. In Tripolitania, il vicepremier Ahmed Maitig vorrebbe diventare premier, ma sconta l’avversione di alcuni esponenti all’interno del suo stesso governo. Quindi è ancora presto per dire che cosa cambierà. Ma il futuro potrebbe riservare nuove sorprese».

(Enrico Casale)

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