di Marco Trovato
In Sudafrica, dal più umile dei lavori è nata un’impresa di successo. Il mestiere di lustrascarpe viene spesso considerato più un espediente che un vero e proprio lavoro. Ma Lere Mgayiya si è costruito una piccola fortuna strofinando le calzature dei suoi clienti. Una storia personale che sembra una favola.
All’inizio del secolo scorso era tra i mestieri più diffusi al mondo. I marciapiedi di Londra e New York brulicavano di immigrati che si guadagnavano da vivere lucidando le calzature ai passanti. Il superpoliziotto Giuseppe Petrosino e l’attore Al Pacino iniziarono la loro avventura americana così, in ginocchio, con uno straccio in mano. Nell’Italia meridionale del dopoguerra i ragazzini che passavano le giornate a strofinare le tomaie di cuoio venivano chiamati “sciuscià” (dalla storpiatura dell’inglese shoe shiner). Oggi l’attività del lustrascarpe è pressoché scomparsa in Occidente. Ed è considerata un meglio di niente, più che un lavoro.
Un’impresa brillante
Ma c’è un uomo in Sudafrica che si fa gioco di cliché e pregiudizi: si chiama Lere Mgayiya, ha 45 anni. E ha messo in piedi un’impresa di successo, la Lere’s Shoe Shine, che fa affari enormi pulendo le scarpe a moltitudini di affezionati clienti. I suoi cinquanta dipendenti sono distribuiti fra i tre principali aeroporti del Paese: Città del Capo, Johannesburg, Durban. «Da questi scali transitano in media ogni anno 18 milioni di passeggeri», sottolinea con la Cnn un radioso Mgayiya. «Ovverosia 36 milioni di potenziali calzature da lucidare», soggiunge con un ghigno.
Che si tratti di mocassini di camoscio, sneakers di marca, eleganti francesine, stivaletti o monk strap di pelle, la missione di Lere e collaboratori rimane la stessa: «Facciamo brillare i piedi a chi si accinge a partire per un viaggio o che è appena atterrato e desidera farsi trovare impeccabile alla riunione di lavoro o all’incontro con i propri cari». Il lavoro non manca. I profitti crescono. Malgrado il rallentamento della locomotiva sudafricana – il 2024 si è chiuso con una brusca frenata del Pil nazionale – l’ultimo bilancio ha registrato un fatturato di 3 milioni di rand (158.000 euro), che in Sudafrica è una piccola fortuna. Gli affari hanno fatto registrare per quattro anni consecutivi una crescita tra il 7 il 9% rispetto l’anno precedente. Oggi Lere rientra nella categoria degli imprenditori di successo. Vive a Città del Capo con la sua famiglia in una bella casa, distribuisce guadagni, crea posti di lavoro. Viene celebrato dalla stampa nazionale.

Inizi difficili
Ma all’inizio è stata dura. «Ho incominciato a lavorare proprio qui, in aeroporto, distribuendo carte d’imbarco per la South African Airways – racconta –. Dopo cinque anni ho perso il posto a causa della crisi della compagnia». Non si è dato per vinto. Ha provato a lanciarsi in altre attività – trasporto di bestiame, vendita di uova, commercio di piante –, ma gli è andata male e si è ritrovato con il conto corrente vuoto. «Le cose non sono andate per il verso giusto anche per colpa mia: ero ambizioso ma impreparato. Poi, il colpo di scena». Decide di partecipare a un concorso televisivo per aspiranti imprenditori, il Sandlam Money Game, e si aggiudica il primo premio. «È stato grandioso – racconta –. Ho vinto in un sol colpo 35.000 rand (circa 1.800 euro) che ho investito in una nuova attività: commercio di piante».
Nemmeno la nuova impresa è decollata e ben presto Lere è tornato alla casella di partenza. «Per pagare i debiti ho dovuto vendere l’auto e affittare scomparti del mio frigorifero ai vicini di casa. Con il poco denaro disponibile ho acquistato gli strumenti per un nuovo mestiere, quello che richiedeva meno investimenti, il più umile di tutti: il lustrascarpe». Rispolverando le vecchie conoscenze all’aeroporto di Città del Capo ha chiesto e ottenuto una licenza per lavorare nello scalo e vi si è piazzato con poltrona e poggiapiede. Lucido, spazzola, straccio. E un ampio sorriso per accogliere i clienti. Ben presto ha cominciato a constatare un’enorme richiesta per il suo servizio. «All’inizio lavoravo dalle 5 alle 21, poi ho ingaggiato degli aiutanti. Piano piano ho moltiplicato le postazioni di lavoro, ottenendo una licenza in tutti gli aeroporti sudafricani».
Oggi progetta di lanciare un franchising internazionale. Di allargarsi in Angola, Kenya e Nigeria. Ma già accarezza il sogno di sbarcare negli Usa e nel Regno Unito. Non ha intenzione di fermarsi. «Se vuoi puntare in alto – dice –, devi partire dal basso, dai piedi».
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 2/2025 della rivista Africa. Clicca qui per acquistare una copia.