Il dramma dei profughi del Lago Ciad, tra insicurezza e bisogni alimentari

di claudia
lago ciad

di Céline Camoin

Una vita quotidiana difficile, bisogni alimentari e il problema dei profughi stanchi della vita che conducono nei campi e che chiedono il ritorno alle loro case: è di questo che parlerebbero gli abitanti della regione del Lago Ciad – divisa tra Ciad, Niger, Niger e Camerun – ai loro rappresentanti, se fossero stati invitati a partecipare al Forum dei governatori del Bacino del Lago Ciad, in corso a N’Djamena.

Lo racconta radio Ndarason, emittente specializzata sulla regione del Lago Ciad, che ha condotto diverse interviste chiedendo alla gente cosa direbbe se fosse presente al forum.

Una donna, Achta Abakar Gana, si è soffermata sulle difficili condizioni della popolazione sfollata e rifugiata nei siti. Secondo lei, molti operatori umanitari hanno interrotto i loro interventi per mancanza di mezzi. Pensa che i rifugiati non vogliono l’assistenza nei campi ma un aiuto per tornare a casa e lavorare.

“Se fossi invitato al forum dei governatori, proporrei una risoluzione per il coordinamento delle azioni delle Ong umanitarie, perché se tutti intervengono per conto proprio, non favorisce i rifugiati”, ha detto l’ascoltatore Abdoulaye Mbodoumi. “Sollecito con forza l’attuazione di provvedimenti a favore degli operatori umanitari nei siti all’interno dei Paesi del Bacino del Lago Ciad”, gli ha fatto eco un altro intervistato.

Il problema della sicurezza e delle incursioni di milizie armate nella regione del Lago Ciad è al centro di queste preoccupazioni.

I danni dell’insicurezza

Nel bacino del Lago Ciad, l’insicurezza generata da uomini armati ha gravi ripercussioni sul commercio.

Gli ascoltatori di Ndarason hanno invitato, ai microfoni del giornalista Haoua Mahamat Adouma, i governatori a esaminare “ la ripresa delle attività economiche, i particolare per i commercianti e venditori di bestiame.

Alcune strade principali per il trasporto di merci tra i paesi sono impraticabili. Anche il corso d’acqua non è sempre sicuro. “Con tutti questi rischi sul trasporto delle merci, i commercianti hanno paura di intraprendere determinate rotte. Queste difficoltà colpiscono il trasporto delle materie prime ma anche quello dei prodotti finiti”, ha testimoniato Ahmat Yacoub Dabio, presidente del Centro per lo sviluppo e la prevenzione dell’estremismo violento.

Allevatore, Abdoulaye Yerima ha lamentato che da più di 10 anni, è stato impossibile portare il bestiame in Nigeria, attraverso il lago. “È inaccettabile. I governatori devono trovare una soluzione per scortare i commercianti di bestiame”, ha commentato.

Per Ali Malloum, un contabile, il rilancio delle attività commerciali, soprattutto transfrontaliere, va fatto riaprendo i corsi d’acqua, soprattutto tra Ciad e Nigeria. “ L’asse fluviale è meno costoso ed è veloce”.

Un altro ascoltatore, Tella Mbokoye, ha ritenuto essenziale la ricostruzione e la riapertura di alcune rotte che vanno da Maiduguri, epicentro della ribellione di Boko Haram, a N’Djamena, la capitale del Ciad.

Un altro residente della regione invita, dal canto suo, a rafforzare le dogane, proponendo al contempo la riduzione delle tasse doganali.

Questo giovedì, gli ascoltatori che sono intervenuti sulle onde di Radio Ndarason riconoscono che i conflitti che durano da diversi anni stanno gravemente danneggiando gli affari sociali ed economici e soprattutto il commercio transfrontaliero.

N’Djamena ospita da mercoledì 5 luglio il quarto Forum dei governatori dei quattro Paesi rivieraschi del bacino del Lago Ciad, ovvero Niger, Nigeria, Camerun e Ciad. Gli incontri sono sul tema “Opportunità di consolidamento e progresso in un contesto di sicurezza in mutamento”, e danno la parola ai vari Paesi e ai loro partner di riflettere sulla stabilizzazione di questa regione che sta affrontando gli effetti del cambiamento climatico, e che, secondo alcuni, ha ritrovato una relativa calma dopo anni di disordini causati da Boko Haram.

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