I cento anni della radio in Sudafrica, tra identità e politica

di claudia
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di Claudia Volonterio

Quest’anno il sistema radiofonico sudafricano celebra i cento anni dalla sua nascita. La prima trasmissione è stata mandata in onda nel dicembre 1923 dalla sede ferroviaria di Johannesburg. Da allora molto è cambiato, ma non il successo e l’interesse dei sudafricani verso questo mezzo, diventato un modo per far sentire la propria voce in una società che spesso aveva tentato di metterla a tacere.

Nonostante l’avvento del digitale e di altre forme di comunicazione quali la televisione, la radio rimane ancora oggi il mezzo di trasmissione preferito dai Sudafricani, legata indissolubilmente all’importanza della tradizione orale nella storia del Paese. Basti pensare che il 94% degli intervistati sopra i 15 anni ha confermato in un recente sondaggio di possedere un apparecchio radio. Un tuffo nella sua storia centennale lo ha fatto il giornale sudafricano The Conversation, che ci riporta dei dati significativi, sia sulla storia che sull’impatto odierno di questo potente “megafono sociale” quale è la radio.

Se nel corso degli anni questo mezzo di comunicazione ha avuto un ruolo primario per la definizione dell’identità sudafricana, inizialmente il suo ruolo era ben diverso. Le trasmissioni erano solo in inglese ed escludevano completamente le altre lingue e di conseguenza un pubblico di persone molto ampio. Solo più avanti, negli anni Quaranta, qualcosa è cambiato: la radio cominciò ad essere utilizzata come strumento di propaganda, dove le persone nere venivano per la prima volta considerate come ascoltatrici. Ma, l’intento era totalmente politico e poco legato a una determinazione dell’identità. Si trattava piuttosto, spiega The Conversation, di “modellare la loro prospettiva sulla base di ciò che serviva alle autorità bianche di minoranza”.

La prospettiva cambiò radicalmente con l’avvento negli stessi anni delle prime trasmissioni realizzate completamente in lingue locali, che sfuggivano a qualsiasi controllo di tipo coloniale. La prima trasmissione isiZulu fu trasmessa nel 1941 presso gli studi di Durban della SABC. Un nuovo pubblico si formò lentamente fino ad assumere anche un ruolo attivo nella creazione dei contenuti. Negli anni sono nate numerose radio “parlate” in lingua locale dove la voce di chi era stato fino ad allora solitamente escluso cominciò ad avere forza e risonanza.

Oggi c’è un divario tra radio e podcast. Secondo i sondaggi riportati dal giornale sudafricano, risultano quelli realizzati in lingua inglese i maggiormente ascoltati e prodotti. Le stazioni radio in lingua locale attirano più ascoltatori di quelle inglesi. L’avvento del digitale sta però trasformando le abitudini e stanno nascendo numerosi podcast in lingua locale di forte importanza politica e sociale, come Epokothweni (“nella tasca” in isiXhosa) e iLukuluku (tradotto come “curiosità” in isiZulu). Questi hanno il potere e il pregio di raggiungere un pubblico vasto che per decenni nell’era dell’apartheid non aveva potuto far sentire la propria voce, oltre a contenere e diffondere un patrimonio culturale tradizionale che tesse la storia e l’identità del Sudafrica.

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