Gran Bretagna – Si allarga lo scandalo sessuale Oxfam

di Enrico Casale
oxfam

Non solo i festini con ragazze in miseria indotte a prostituirsi a Haiti, fra le devastazioni del terremoto del 2010. E non solo l’Oxfam. Si estende a macchia d’olio, in Gran Bretagna, lo scandalo sugli abusi sessuali attribuiti ad alcuni volontari e coordinatori di organizzazioni non governative umanitarie di primissimo piano.

Uno scandalo che il governo di Londra (peraltro non del tutto all’oscuro dell’andazzo, a quanto si scopre) minaccia di punire con tagli di fondi in assenza di garanzie di trasparenza per il futuro.

L’attuale ministra della Cooperazione Internazionale, Penny Mordaunt, ha alzato oggi i toni dell’indignazione, additando in un’intervista alla Bbc il «fallimento morale» della leadership di Oxfam: un’istituzione benemerita su molti fronti, pronta spesso a denunciare presunte violazioni altrui (ad esempio sul trattamento dei migranti diretti dalla Libia verso l’Italia), ma ora investita essa stessa dalla bufera e dall’onta.

La sordida vicenda di Haiti, scoperchiata dal Times nei giorni scorsi, non pare in effetti isolata. L’Observer, domenicale del progressista Guardian, svela oggi come operatori della stessa ong fossero stati pescati a frequentare prostitute, sfruttandone la miseria, già in Ciad nel 2006. E guarda caso sotto la guida di Roland van Hauwermeiren, il medesimo capo missione costretto poi a dimettersi nel 2011 (alla chetichella, col parallelo siluramento sotto banco di un pugno d’altre persone sulla scia di un’inchiesta interna riportata all’agenzia di controllo delle charity del Regno, ma non alla polizia) per il coinvolgimento personale nelle presunte «orge haitiane»: ospitate in una villa affittata apposta per lui.

Ma non basta. Perché ancora il Times va oltre, con un nuovo capitolo d’inchiesta dedicato a sospetti più diffusi e assai più recenti: riferiti nel solo 2017 a 87 segnalazioni di possibili abusi sessuali o almeno comportamenti impropri attribuiti in Paesi stranieri bisognosi d’aiuto a personale Oxfam (solo 53 dei quali denunciati e con 20 addetti licenziati), oltre a 31 riconducibili a impiegati o collaboratori di Save the Children (appena 10 denunciati) e due a Christian Aid.

Mentre la Croce Rossa britannica risulta aver ammesso 5 casi di denunce di molestie a carico di propri volontari in patria. Save the Children ha risposto in una nota di aver «segnalato ai media 31 casi di accuse sessuali che hanno portato a 16 licenziamenti». I casi comunque non riguardavano bambini e comunque l’ong ribadisce la sua politica di «tolleranza zero verso ogni abuso sessuale». Anche Oxfam ha replicato alle accuse del Times sottolineando «di aver sempre agito in modo trasparente sugli abusi».

Oxfam, nel complesso, resta comunque nell’occhio del ciclone più di ogni altro, al centro di accuse concrete e precise. E, pur insistendo a negare gli insabbiamenti, non può ormai non riconoscere per bocca del chief executive, Mark Goldring, che i comportamenti di «una piccola parte» del suo staff sono stati «vergognosi».

L’ammissione, tardiva e parziale, non basta però alla ministra Mordaunt, che ne ha convocato i vertici per domani e pretende «risposte». Il governo britannico, che solo l’anno scorso ha contribuito con 32 milioni di sterline alle casse di Oxfam, è pronto a destinare ad altri parte di quei finanziamenti se non riceverà rassicurazioni credibili, come già ieri aveva avvertito Mordaunt.

«Non è sufficiente dirsi inorriditi per il comportamento di ex operatori, dobbiamo essere sicuri d’imparare dagli errori e usarli come sprone per migliorare», ha aggiunto oggi la ministra, sebbene evidenziando che le macchie di fango riguardano «pochi» volontari su migliaia e migliaia di persone dedite a soccorrere generosamente il prossimo.

Resta tuttavia la sensazione di una presenza un po’ troppo frequente di mele marce. Tanto più se si considerano gli scandali, infami, che hanno toccato a più riprese operatori internazionali vari, caschi blu dell’Onu, soldati francesi o di altri Paesi occidentali in Africa e non solo.

E intanto Priti Patel, titolare della Cooperazione Internazionale nel precedente gabinetto Tory di Theresa May, non nasconde che il governo qualcosa sapesse. Non delle accuse specifiche lanciate dal Times, ma di un certo numero di denunce «ben documentate» su «decenni» di sospetti di «abusi sessuali» nei confronti di diverse ong da lei stesse scovate indagando fra gli archivi ministeriali. Accuse da provare, è ovvio, ma coperte secondo Patel dalla “cultura del negare sempre” di non poche associazioni. In altre parole, una cultura dell’omertà.
(12/02/2018 Fonte: Tio.ch)

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