Eritrea, 25 anni di indipendenza. A quale prezzo?

di Enrico Casale

soldati eritreiL’Eritrea celebra oggi, martedì 24 maggio, il 25° anniversario della sua indipendenza. Il 24 maggio 1991 i ribelli etiopi contro il regime di Menghistu Hailè Mariam prendevano la capitale Addis Abeba mentre nella capitale dell’Eritrea, che era ancora una provincia etiope, i loro alleati eritrei cacciavano le ultime truppe del dittatore. Due anni più tardi, un referendum ha sancito l’indipendenza dell’Eritrea dall’Etiopia dopo trent’anni di guerriglia prima contro le truppe del negus Heilè Selassie e poi contro quelle del negus rosso Menghistu.

L’indipendenza sembrava aver spalancato le porte a un periodo di pace e sviluppo per il piccolo Paese dell’Africa orientale, ex colonia italiana. Invece la situazione politica ed economica è andata via via degenerando. Nel 1998 scoppia, per una disputa di confine, scoppia una guerra contro l’Etiopia. Il conflitto sul campo cesserà solo nel 2000 e solo dopo aver causato 150mila morti. Da allora i rapporti tra Asmara e Addis Abeba, sebbene non ci siano stati più scontri militari, sono rimasti tesi. Da un lato l’Eritrea, sostanzialmente isolata. Dall’altro l’Etiopia senza più uno sbocco al mare e costretta a far transitare le sue merci da Port Sudan (Sudan) o da Gibuti. Ma quella con l’Etiopia non è stata l’unica guerra combattuta dall’esercito di Asmara. Nel 2008 scoppia infatti un breve, ma intenso conflitto con il piccolo Gibuti. Anche in questo caso per dispute di confine.

Questo stato di tensione permanente fa sì che l’Eritrea mantenga attive forze armate sproporzionate per il piccolo Paese. Asmara chiama alle armi tutti gli uomini e le donne dai 17 anni, in un servizio di leva che non ha una durata prefissata.
Questo servizio militare sottrae forza lavoro al Paese e l’economia, già messa alla prova dall’isolamento determinato dall’aggressività del regime, ne risente. Oggi l’Eritrea è un Paese povero. La crscita del Pil è nulla e il 50% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. È per questi motivi che molti ragazzi e molte ragazze (si stima tremila al mese) fuggono dal Paese e, dopo essersi sobbarcati viaggi lunghissimi, approdano alle nostre coste.

Nel frattempo il regime è diventato sempre più repressivo. La Costituzione, più volte promessa, non è mai entrata in vigore. I ministri che hanno chiesto la sua applicazione sono stati arrestati e di loro non si sa più nulla. Non si tengono elezioni e il partito di potere controlla ogni aspetto della vita sociale e politica del Paese. Le spie del regime sono ovunque come nell’Albania di Enver Oxha. La delazione è un modo per regolare i conti tra persone e familiari con i quali si hanno problemi. Come ha testimoniato un recente rapporto dell’Onu, i diritti umani non vengono rispettati in alcun modo. Non esiste libertà di espressione né di stampa. Da anni ormai, l’Eritrea è agli ultimi posti della classifica sulla libertà di stampa redatta da Reporter senza frontiere.
L’indipendenza è stata una conquista importante, ma quale prezzo sta pagando il Paese?
Enrico Casale

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