«Dal caos dei golpe potrebbe nascere una nuova Africa»: Jean-Léonard Touadi

di claudia

a cura di Marco Trovato

«L’ondata di colpi di stato continuerà, e le colpe di queste crisi sono anzitutto imputabili ai leader politici africani, ma dal caos generato dalle crisi della democrazia potrebbe nascere una nuova Africa». Jean-Léonard Touadi, 64 anni, giornalista e docente universitario, fornisce una sua chiave di lettura sugli ultimi avvenimenti che hanno scosso il continente africano: l’ondata di golpe militari in Gabon, Guinea, Mali, Burkina Faso, Niger.

Intervistato dalla Rivista Africa, Touadi – che è stato il primo nero eletto (nel 2008) alla Camera dei deputati e oggi è consulente della FAO – vede un filo conduttore tra le crisi in atto nel Sahel e in Africa Centrale e imputa la responsabilità dei putsh all’incapacità delle classi politiche, colpevoli di avere tradito le ambizioni di riscatto delle popolazioni e di aver fatto fallire i processi di democratizzazione avviati con la fine della guerra fredda. «Con il crollo del muro di Berlino nel continente si liberarono le migliori energie della società civile, c’era voglia di partecipazione, voglia di contare», argomenta l’intellettuale italo-congolese. «Ma l’entusiasmo e le speranze sono durati poco. Ancora una volta le élite africane hanno compiuto l’errore che avevano compiuto al momento delle indipendenze: l’attaccamento al potere. Abbiamo assistito al moltiplicarsi delle elezioni politiche senza alternanza. L’Occidente voleva votazioni democratiche, i presidenti africani l’hanno formalmente accontentato. Ma sappiamo che era tutto un trucco, non c’era trasparenza né libertà, le Costituzioni venivano manipolate, il dissenso negato».

Secondo Touadi le popolazioni hanno cominciato a nutrite sfiducia nei confronti dei loro governanti e delle istituzioni democratiche. Incapaci di rispondere alle necessità dei beni essenziali: scuole, sanità, alloggi, acqua potabile, lavoro. «I processi di democratizzazione sono stati un fallimento e la responsabilità è prima di tutto delle élite africane. Corruzione e ingiustizie sociali hanno alimentato frustrazione e violenza, due piaghe strutturali che oramai attraversano l’intero continente, dove oggi le pulsioni di morte e distruzione rischiano di prendere il sopravvento in una Africa che antropologicamente sembra celebrare la vita».

Touadi è rimasto molto colpito dalle immagini che all’indomani dei colpi di stato hanno fatto il giro del mondo: manifestazioni di massa che hanno acclamato i golpisti in divisa come dei liberatori. ««Fino a pochi anni fa sarebbero state impensabili poiché i militari spalleggiavano il potere politico, non godevano di alcun consenso sociale poiché erano l’emblema dei soprusi. Ora vengono celebrati nelle piazze e questo ci deve ci deve fare riflettere profondamente sul basso livello di considerazione e di fiducia dai popoli nei confronti delle istituzioni democratiche. Tuttavia penso che il caos che si è venuto a creare con queste crisi possa preludere a un nuovo ordine, al sogno di riscatto che i popoli africani stanno in questo momento manifestando, certo in maniera confusa, in maniera sbagliata, affidandosi ai militari, affidandosi a Wagner, affidandosi a chiunque dica che bisogna cambiare e azzerare tutto. Dalle macerie di queste democrazie potrebbe nascere una nuova Africa».

Touadi ritiene che le società africane siano entrate in un processo caotico destinato a durare e a produrre nuovi scossoni. «Sono pronto a mettere la mano sul fuoco – chiosa Touadi – che la scossa gabonese non potrà non avere ripercussioni in Guinea Equatoriale, in Camerun e in Congo Brazzaville, paesi francofoni dell’Africa centrale controllati da decenni da presidenti autoritari incollati al potere. Capiremo dai prossimi eventi che avverranno in questi Paesi, ma anche in Togo o Costa d’Avorio, se davvero la Francafrique è finita. I giovani africani che scendono in piazza a manifestare il loro sostegno ai golpisti, esprimono un sentimento anti-occidentale ma soprattutto la ferma volontà di essere protagonisti del cambiamento. Questa aspirazione gridata con forza dovrà essere raccolta da governanti finalmente in ascolto dei propri popoli, capaci di tradurre quell’aspirazione in progetto politico. Lasciateci fare da soli: l’Africa non sarà salvata dalla Francia, dall’Europa, dalla Russia, dalla Cina. Questa consapevolezza, gridata con costanza e con forza per la prima volta in sessant’anni di indipendenza è una cosa che dà speranza».

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