Centrafrica | La guerra continua

di Enrico Casale
minusca

La Minusca (missione dell’Onu in Centrafrica) ha lanciato, insieme all’esercito centrafricano, un’offensiva contro il movimento 3R (Retour, Reclamation et Rehabilitation). Per diverse settimane, il gruppo armato, uno dei firmatari dell’accordo di pace, aveva cercato di estendere la propria influenza su tutto l’Ovest del Paese. L’operazione Minusca, denominata «A la Londo» («Liberati») ha portato alla conquista di Nyem, importante centro di allevamento. Una perdita significativa per il movimento 3R, nato da una costola di Seleka, che vive in particolare della tassazione della transumanza. La Minusca afferma di aver neutralizzato alcuni ribelli e di aver recuperato armi, munizioni e motociclette.

L’obiettivo dell’operazione è spingere le 3R a ritirarsi nella loro roccaforte di Koui, poiché il gruppo ha continuato ad espandere la sua area di controllo negli ultimi mesi. Il leader del gruppo Sidiki Abbas è tornato alla boscaglia dopo aver subito minacce dalle autorità. Sidiki Abbas ha reso noto di aver sospeso qualsiasi partecipazione della sua organizzazione agli organi esecutivi sanciti dall’accordo e ha anche invitato i suoi militanti a «rispondere con la massima forza in caso di attacco» da parte delle forze del governo del presidente Faustin-Archange Touadéra.

«Nella nostra zona – spiega Aurelio Gazzera, missionario carmelitano a Bozoum (Ovest del Paese) -, stiamo assistendo a un espandersi del movimento 3R. Le milizie locali si sono alleate con quelle del centro del Paese e ormai controllano quasi tutta la frontiera col Camerun». Questa regione è particolarmente ricca di acqua e pascoli. Qui i pastori peul portano le loro bestie anche da molto lontano. Alcune mandrie appartengono a importanti uomini politici della capitale. «I miliziani non combattono per un ideale – continua padre Gazzera -, ma per controllare questo territorio così ricco. Impongono, con la forza, una tassazione su ogni capo di bestiame. Stanno così accumulando enormi fortune».

Il Centrafrica è una ferita aperta nel cuore del continente. Il Paese sta faticosamente cercando di ritornare alla pace dopo oltre cinque anni di conflitto scatenato dal rovesciamento, nel 2013, del presidente Francois Bozizé, cristiano, a opera dei ribelli seleka. Gruppi armati, che in genere sostengono di difendere un gruppo etnico o religioso, controllano oltre l’80% del territorio, spesso combattendo per l’accesso alla ricchezza mineraria del Paese.

Il conflitto ha causato migliaia di morti, per lo più civili, quasi 650mila sfollati e 575mila rifugiati nei Paesi vicini.

(Tesfaie Gebremariam)

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