«Burundi, si rischia il genocidio»

di Enrico Casale
tensioni politiche in burundi

scontri in burundiIn Burundi si corre il rischio di un nuovo genocidio. A lanciare l’allarme è Anschaire Nikoyagize, Presidente di Iteka, il referente locale della Federazione internazionale dei diritti dell’uomo (Fidh) che nei giorni scorsi ha presentato un rapporto sulle violazioni dei diritti umani nel Paese. «Si stanno commettendo crimini contro l’umanità – ha denunciato – ed esiste il rischio di genocidio».

La situazione politica e sociale nel piccolo Stato africano è andata degenerando a partire dall’aprile del 2015 quando il Presidente Pierre Nkurunziza ha annunciato la decisione di ricandidarsi per una terza volta, violando in questo modo la Costituzione che limitava a due i mandati presidenziali. Nonostante le prese di distanza della comunità internazionale e le forti resistenze interne, Nkurunziza si è ricandidato ed è stato nuovamente eletto. La sua rielezione però ha portato forte instabilità.

Secondo Fidh, dallo scoppio della crisi politica a oggi, in Burundi, sono morte più di mille persone, altre ottomila sono detenute per motivi politici, dalle 300 alle 800 sono scomparse, mentre le violenze e il clima di insicurezza hanno spinto più di 300mila persone a rifugiarsi all’estero.

scontri in burundiIl rapporto, risultato di una approfondita ricerca sul campo durata un anno e mezzo, attribuisce la maggior parte dei crimini alle forze del regime e a quelle del partito al potere, il Cndd-Fdd e, in particolare, ai miliziani dell’Imbonerakure, l’organizzazione giovanile del partito di potere che è diventata una milizia al servizio del Presidente.
Ma a perpetrare violenze sono anche, secondo il rapporto, i gruppi di guerriglia che si oppongono al Presidente e, in particolare, le Forces Républicaines du Burundi e la Résistance pour un Etat de droit.

Alla presentazione del rapporto, la Fidh ha lanciato un appello affinché Unione Africana e Nazioni Unite intervengano con una missione in grado di mantenere la pace e di favorire il dialogo politico. Altrimenti, denunciano, si rischia il disastro perché «ci sono tutte le condizioni per perpetrare un genocidio».

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