Ciad, la pace passa da Doha…e anche da Roma

di claudia
Mahamat Deby Itno

Piccoli passi avanti e battute d’arresto si alternano a Doha (Qatar) nel pre-dialogo tra rappresentanti delle autorità transitorie del Ciad e quelli di una cinquantina gruppi politico-militari, molti dei quali esistenti da una trentina d’anni, ossia da quando prese il potere il defunto generale Idriss Deby Itno, di cui ricorrerà fra una settimana un anno dall’uccisione.

Ingaggiare il dialogo, non solo con i gruppi armati ma anche con l’opposizione politica e la società civile, è un’operazione ambizione e complessa, alla quale sta concretamente fornendo un aiuto, data la sua esperienza in processi di pacificazione in Africa, la Comunità di Sant’Egidio. Appena tornato da N’Djamena, dove ha incontrato il presidente del Consiglio nazionale di transizione, il generale Mahamat Deby Itno (foto di apertura), Mauro Garofalo responsabile delle relazioni internazionali scambia con InfoAfrica alcune sue impressioni.

“Al di là delle complessità e degli ovvi problemi sul percorso, è un’iniziativa da sostenere. Il dialogo è sempre positivo, soprattutto in un Paese che non è abituato a dialogare”. Garofalo ricorda che i tempi della transizione prefissata in Ciad sono stretti, così come i tempi del dialogo. “È proprio per questo motivo che abbiamo parlato col generale Mahamat, per vedere in che modo Sant’Egidio può aiutare questo processo a essere più efficace, più vero e più rassicurante per tutti gli interlocutori”.

A inizio febbraio, i delegati di una trentina di gruppi armati sono stati ricevuti a Roma da Sant’Egidio, per valutare in che modo “potevamo aiutarli a lanciare un’offerta di dialogo a Doha. Dalla tre giorni di lavori sono usciti con una piena disponibilità a prendere parte al dialogo e a far prevalere l’interesse per la stabilità del Paese”. Da Doha, l’autoproclamato “gruppo di Roma”, appare come uno dei più attivi nel portare avanti il dialogo. L’obiettivo di Sant’Egidio è stato di riunire a un tavolo i più importanti gruppi e di trovare punti di contatto, rivendicazioni ragionevoli da poter presentare al governo.

All’inizio dei lavori a fine marzo, uno dei gruppi ribelli ciadiani presenti, il Ccmsr, aveva sospeso la partecipazione accusando la parte governativa di avere “un’agenda nascosta animata da cattive intenzioni”. In particolare, ha accusato la giunta militare al potere di aver invitato “un gran numero di falsi gruppi di opposizione che sono in realtà elementi dell’attuale regime in Ciad e la cui esistenza è stata resa nota solo all’inaugurazione del vertice di Doha”. Lo scopo di questa manovra, accusa il Ccmsr, “è di attutire la voce dei veri gruppi politico-militari liberatori del Ciad con una reale presenza armata sul terreno affinché la giunta al potere possa imporre un accordo a proprio vantaggio”. Da allora, si sono creati gruppi di rappresentanza che portano avanti le istanze di tutti.

Su questo punto, Garofolo sottolinea che in Ciad, il confine tra gruppo armato, gruppo della società civile e dell’opposizione è molto labile. “D’altro canto, escludere gruppi, o autoproclamati gruppi, avrebbe portato ad accuse di non essere inclusivi. Credo che abbia fatto bene, il governo, a chiamare tutti, anche se la conseguenza è un dialogo meno snello”, osserva Garofalo.

“In questo momento per le autorità militari e il governo è importante dotarsi di tutti i mezzi possibili, data la frammentazione e la complessità del dialogo, per avere diversi strumenti di dialogo con tutti, e Sant’Egidio è a disposizione”. Il Qatar si era impegnato da tempo a facilitare questo pre-dialogo, e anche su questo la comunità italiana appoggia l’iniziativa, pur sapendo che due o tre settimane di dialogo non possono bastare per chiudere tre decenni di conflittualità. “Stiamo già lavorando su un comitato di monitoraggio per accompagnare l’attuazione della dichiarazione finale che uscirà da questo processo”, aggiunge l’interlocutore di InfoAfrica.

Molto rilevante, persino sorprendente, è la mano tesa di Mahamat Deby al Fact (Fronte per l’alternanza e la concordia del Ciad), il gruppo armato che ai primi di aprile 2021, mentre si stava svolgendo il processo elettorale che stava rieleggendo per la sesta volta Deby, ha condotto una vasta offensiva armata partita dal sud della Libia per rovesciare il regime. Lo stesso capo di Stato e leader militare è stato – secondo la versione ufficiale – ucciso da una ferita mortale procuratasi sul fronte, allorché le truppe erano impegnate nel fermare l’avanzata del Fact nella regione del Kanem. “Il coinvolgimento del Fact nelle trattative è stato un punto sul quale abbiamo insistito. La riconciliazione deve coinvolgere tutti gli attori. La pace di fa con i nemici”.

La scomparsa prematura e improvvisa del ‘guerriero’ Idriss Deby ha portato a una soluzione di emergenza che ha visto entrare alla guida dello Stato una giunta militare, senza che sia seguito il normale iter previsto dalla Costituzione. A capo di questa giunta, con una mossa controversa, è stato nominato uno dei figli di Deby, suscitando aspre critiche di un sistema nepotistico paragonato a una monarchia.

“In quel momento si è fatta una scelta di stabilità, che ha poi ottenuto l’avallo della comunità internazionale, che tiene molto alla stabilità del Ciad per tutta la regione”. Dopo una serie di proteste e manifestazioni, alcune delle quali segnate da violenze, si è giunto alla nomina di un governo civile di transizione, senza che sia stata smantellata la giunta militare. In un anno, secondo Garofalo, si sono osservati passi interessanti, come l’amnistia, che vanno nella direzione di un dialogo, e la decisione di dare un tempo limitato alla transizione. “C’è una volontà chiara di portare avanti un lavoro di transizione e di essere riconosciuti per questo”, precisa ancora l’esponente di Sant’Egidio.

Il pre-dialogo di Doha precede un dialogo nazionale inclusivo, che da programma dovrebbe svolgersi a maggio. La preparazione ha visto incontri con tutte le componenti della società ciadiana. Nei giorni scorsi una battuta d’arresto ha coinvolto la piattaforma Wakit Tamma, che ha sospeso il negoziato preparatorio. La stessa piattaforma ha chiesto ufficialmente, alcune settimane fa, una presenza di Sant’Egidio come garanzia.

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