19/12/13 – Sud Sudan – Il presidente chiede la mediazione delle Chiese

di AFRICA

 

Il presidente Salva Kiir ha chiesto ai religiosi del Consiglio delle Chiese del Sudan di tentare una mediazione nel conflitto che lo oppone al suo ex vice Riek Machar: lo dice alla MISNA monsignor Paride Taban, vescovo emerito di Torit, raggiunto dopo aver partecipato a un incontro di due ore con il capo dello Stato.

“Kiir – sottolinea monsignor Taban – ci ha chiesto di avviare una mediazione per trovare una soluzione al conflitto; noi, come vescovi e rappresentanti delle Chiese, siamo pronti”. All’incontro ha partecipato questo pomeriggio una delegazione composta, oltre che da monsignor Taban, dall’arcivescovo anglicano Daniel Deng Bul, dall’arcivescovo di Juba, monsignor Paulino Lukudu Loro, e dal vescovo di Wau, monsignor Rudolf Majak. Oltre a essere membri del Consiglio delle Chiese, monsignor Taban e l’arcivescovo Deng guidano un comitato costituito ad aprile con l’obiettivo di favorire la pace e la riconciliazione in Sud Sudan dopo l’esperienza della guerra civile (1983-2005).

Alla MISNA monsignor Taban dice di aver parlato l’ultima volta con Machar sabato, 24 ore prima che nella principale caserma di Juba cominciassero a scontrarsi tra loro reparti di élite dell’esercito. Secondo il vescovo emerito, “la scintilla che ha innescato l’incendio sembrano essere stati i combattimenti tra i militari piuttosto che un piano politico predeterminato”. Una tesi, questa, tutta da verificare. Ma che renderebbe forse ancora più urgente un confronto con Machar. “Come vescovi – sottolinea monsignor Taban – siamo desiderosi di parlare con lui; perché riprendere le armi dopo aver tanto sofferto è assurdo e perché a pagare il prezzo di un conflitto sarebbero ancora una volta soprattutto civili indifesi”.

Il patrimonio di esperienza, di influenza e di contatti delle Chiese potrebbe rivelarsi utile non solo a Juba ma anche nelle regioni periferiche dove in questi giorni si sono verificati scontri. Nei mesi scorsi monsignor Taban ha partecipato a un negoziato decisivo perché nello Stato di Jonglei si instaurasse una tregua di fatto tra l’esercito e i ribelli dell’ex generale David Yau Yau.

Un cessate-il-fuoco, questo, travolto dalle vicende degli ultimi giorni. Bor, la capitale di Jonglei, è da ieri sotto il controllo di un altro gruppo ribelle. Gli uomini guidati da Peter Gatdet Yak, un Nuer come Machar e un alleato dell’ex vice-presidente, hanno spinto alla fuga decine di migliaia di persone. Tra loro ci sono molti Dinka, appartenenti alla stessa comunità di Kiir, maggioritaria nel paese.

Secondo monsignor Roko Taban, amministratore apostolico della locale diocesi di Malakal, chi non ha trovato rifugio nella base dei “caschi blu” delle Nazioni Unite in città è fuggito nella savana. “Nessuno – dice il religioso alla MISNA – ha dimenticato le stragi del 1991, quando lo scontro tra Machar e il Movimento popolare di liberazione del Sudan di John Garang e di Kiir sfociò in rappresaglie su base etnica”. Secondo monsignor Taban, “il rischio è che anche questa volta i politici facciano leva sulle appartenenze e le rivalità comunitarie per conquistare il potere o comunque raggiungere i propri obiettivi”. – Misna

 

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