18/06/13 – Rwanda – Tensioni tra Rwanda e Tanzania

di AFRICA

Nella crisi congolese, oltre ai rischi di pulizia etnica, stanno sorgendo forti tensioni tra i Paesi membri della EAC (East African Community) a dimostrazione che la situazione di instabilità permanente all’est, che dura da nove anni, e la debolezza delle istituzioni sta orientandosi verso un pericoloso punto di non ritorno.

Durante la prima settimana di giugno si è verificata una grave crisi diplomatica tra Rwanda e Tanzania che ruota sul presunto appoggio del Governo di Dar El-Salam alle milizie genocidarie rwandesi FDLR. Indagini congiunte dei servizi segreti rwandesi e ugandesi hanno rivelato un incontro segreto tra il Governo tanzaniano e il generale Stanislas Nzeyimana aka Bikaruka Izabayo detto il “macellaio di Butare”, reo dell’organizzazione dello sterminio nella città universitaria di Butare durante il 1994 e membro dello Stato Maggiore della FDLR. L’oggetto dell’incontro era quello di assicurare un patto di non aggressione tra le milizie genocidarie e il contingente tanzaniano che compone la brigata d’intervento della MONUSCO. L’intesa lascia gravi dubbi sulla neutralità della brigata d’intervento che ha per mandato quello di neutralizzare tutte le milizia operanti all’est del Congo tra cui il M23 e la FDLR.

La notizia di questi colloqui segreti è stata ulteriormente aggravata dalle dichiarazioni pubbliche del Presidente tanzaniano Kikwete che ha invitato il Governo del Rwanda ad aprire un dialogo di pace con le FDLR. L’Ambasciatore ruandese a Kinshasa, Armadin Ruira, in un comunicato stampa ha qualificato come aberrante la proposta del Presidente della Tanzania di riconoscere come interlocutore politico la milizia genocidaria artefice della morte di quasi un milione di rwandesi e classificata a livello internazionale come una organizzazione terroristica dal 2005. Il Governo di Kigali ha chiesto al Presidente Kikwete scuse ufficiali per la proposta avanzata, evidenziando che non vi è alcuna possibilità di negoziare con gli autori del secondo olocausto mondiale dopo quello dei Nazisti nel ’44 – ’45.

Il Ministro degli Affari Esteri tanzaniano, Bernard Membe, durante un discorso al Parlamento ha dichiarato: «Il Presidente Kikwete non si scuserà mai poiché la sua proposta è basata sui fatti. Al contrario chiediamo al Rwanda di iniziare i colloqui di pace con la FDLR». A fargli eco è stato l’Ambasciatore della Tanzania a Kinshasa, Emedy Ngaza, durante una conferenza stampa indetta il 4 giugno scorso: «Opporsi alla proposta del Presidente tanzaniano di un dialogo tra la FDLR e il Rwanda equivale ad opporsi ad una pace stabile nella regione dei Grandi Laghi».

Fonti diplomatiche tanzaniane evidenziano che la proposta del Presidente Kikwete era inserita in un contesto generale in cui si invitava anche i Governi di Kinshasa e Kampala ad aprire dialoghi diretti con le loro rispettive ribellioni presenti all’est del Congo: M23, Lord Resistence Army e il ADF (Allied Democratic Forces). La reazione di Kampala si è limitata all’osservazione che colloqui diretti sono possibili unicamente con il M23, unico movimento non inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche internazionali. «Secondo voi sarebbero possibili colloqui diretti di pace tra Al-Qaeda e Stati Uniti? La proposta tanzaniana è un totale non sense e cela oscure agende politiche tipiche della Tanzania», fanno notare fonti diplomatiche ugandesi a Juba, Sud Sudan. Le oscure agende accennate si riferiscono alla politica estera di Dar El-Salam in atto fin dal primo Presidente Nyarere fortemente improntata su un’alleanza bantu e un velato odio verso le popolazioni Banyarwanda.

Durante gli anni Settanta e Ottanta la Tanzania aveva creato una alleanza con il Kenya, lo Zaire (attuale RDC) e il Rwanda, tesa a contrastare il governo tutsi burundese e la ribellione ugandese del NRA guidata dall’attuale Presidente Yoweri Museveni, accusata di essere una ribellione tutsi. Museveni appartiene alla tribù Banyarwanda dei Banyangole e all’interno del NRA, che conquistò il potere nel 1987, vi era un gran numero di tutsi rwandesi tra cui Paul Kagame. Il Presidente Nyarere ha sempre supportato il Presidente ugandese Milton Obote (appartenente alla tribù bantu del nord Uganda: Acholi) intervenendo direttamente contro il dittatore Idi Amin Dada per ristabilire il Governo Obote. La Tanzania ha attivamente supportato il regime razziale genocidario di Habyrimana, Presidente del Rwanda, contrastando direttamente la guerriglia di Kagame. I soldati tanzaniani e zairesi combatterono al posto del corrotto esercito ruandese per fermare la prima lotta di liberazione nel 1991. L’intervento non fu possibile nel 1994 a causa della decisione del Governo Ruandese di innescare l’ultimo olocausto del Ventesimo secolo.

Come il suo predecessore, il Presidente Kikwete continua una politica estera regionale di contenimento del “complotto tutsi”. Secondo questa teoria, le popolazioni tutsi del Burundi, Rwanda, Est del Congo e Uganda fin dagli anni Settanta avrebbero un piano di egemonia regionale a scapito delle popolazioni Bantu. Attualmente l’etnia tutsi gode di importanti posti governativi in Rwanda e Uganda anche se condivisi con Hutu, Buganda e Acholi. Entrambi i Presidenti e uomini forti della regione dei Grandi Laghi, Kagame, Museveni, sono tutsi.

L’incontro segreto tra il Governo tanzaniano e il Generale Stanislas Nzeyimana è stato scoperto grazie agli stessi servizi segreti tanzaniani che avevano avvertito i loro omologhi rwandesi e ugandesi dell’arresto del criminale di guerra. L’arresto, avvenuto a Dar El-Salam prima degli incontri, è durato un paio d’ore. Nzeyimana è stato rilasciato. Le autorità tanzaniane hanno affermato di aver commesso un errore di identità confondendo Stanislas con il Capo Supremo del FDLR: Mudacumura su cui pende una taglia internazionale di 5 milioni di dollari. Il rilascio ha lasciato sconcertate le diplomazie regionali e la Casa Bianca in quanto anche Nzeymana è ricercato a livello internazionale.

L’incontro è comunque risultato fatale per il genocidario ruandese. Nzeymana è stato arrestato dalle forze speciali rwandesi presso la località di Kigoma, nel confine tra Burundi e Congo. Le autorità di Kigali hanno informato di aver consegnato il criminale di guerra al Tribunale Internazionale dei Crimini di Arusha, Tanzania per essere processato per il suo ruolo di comando durante il Genocidio del 1994. I colloqui segreti tra il Governo tanzaniano e l’alto esponente della FDLR fanno sorgere il dubbio che la Tanzania intenda utilizzare le milizie genocidarie contro il Movimento 23 Marzo emulando la stessa tattica del Governo Kabila. Questa tattica renderebbe difficile rispettare il mandato della brigata di intervento in quanto le FDLR da forze nemiche, presupposte ad essere neutralizzate, diverrebbero forze alleate.

Le tensioni tra Dar El-Salam e Rwanda rischiano di aggravarsi se si verificherà uno scontro diretto tra la brigata d’intervento e il M23. Come faceva notare il Direttore del settimanale ugandese The Indipendent in un suo editoriale del maggio scorso, dinnanzi ad un’eventuale sconfitta militare, Pretoria e Dar El-Salam per non perdere la faccia accuserebbero direttamente il Rwanda di aver inviato il suo esercito in sostegno del M23. La crisi diplomatica tra i tre Paesi potrebbe aprire inquietanti scenari di instabilità regionale e rischi di guerra tra Stati che potrebbero compromettere la stessa Comunità dell’Est Africa. Un conflitto aperto con il Rwanda coinvolgerebbe direttamente l’Uganda, primo alleato storico di Kigali.

Consci del pericolo Kampala e Nairobi hanno attivato mediazioni non ufficiali con Rwanda e Tanzania con l’obiettivo di far rientrare la crisi in atto. Mentre il primo contingente (quello tanzaniano) si è installato a Goma, Nord Kivu, in attesa di quelli provenienti dal Sud Africa e dal Malawi, il rappresentante politico del M23 ha annunciato la ripresa dei colloqui di pace con il Governo congolese a Kampala. Nel tentativo di impedire possibili alleanze di alcune provincie o tribù con il M23 o il rischio di ribellioni parallele, il Governo di Kinshasa sta accelerando il progetto di decentralizzazione che prevede maggior autonomie amministrative e fiscali alle Province. La decentralizzazione tenta di impedire la balcanizzazione del Paese che da sempre giace latente fin dall’indipendenza ottenuta negli anni Sessanta.

Il Ministro degli Interni congolese Richard Muyej Mangez, l’8 giugno ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc che avrà il delicato compito di risolvere la percentuale di tesoreria pubblica e l’organizzazione amministrativa semi autonoma, punti fondamentali che ancora bloccano l’approvazione al Parlamento del disegno di legge. Un compito assai arduo: l’attuale spartizione fiscale (60% al governo e 40% alle Province) dovrebbe essere invertita, privando alla corrotta classe dirigente congolese e alla Famiglia Kabila di vitali entrate fiscali sistematicamente dirottate su conti bancari esteri e fonte di impensabili fortune personali. – L’indro

 

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