Traffico di armi nel Sahel, la maggioranza proviene dall’Africa stessa

di claudia

di Céline Camoin

Il traffico di armi da fuoco nella regione del Sahel – intesa come Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad – sta al centro di un rapporto di una ventina di pagine pubblicato nei giorni scorsi dall’Ufficio delle Nazioni Unite su armi e droga (Unodc).

Tra i punti salienti del rapporto, “prove dimostrano che la diversione di armi delle forze armate nazionali – sia attraverso la cattura sul campo di battaglia, il furto da armerie, o l’acquisto da elementi corrotti nell’esercito – è oggi la principale fonte di armi da fuoco nei Paesi del Sahel”. La grande maggioranza di armi in circolazione nel Sahel proviene dall’Africa stessa, e non si limita nemmeno alla vasta regione, poiché “stanno andando verso l’Africa occidentale, e sono state utilizzate in attacchi nel Golfo di Guinea”.

Peraltro, per consentire alle comunità di difendersi dai gruppi estremisti, alcuni Stati nella regione hanno milizie armate o altri attori non statali (come i Volontari per la difesa della patria in Burkina Faso, Ndr), le cui armi sono più suscettibili di essere deviate rispetto a quelli affidati alle strutture ufficiali di sicurezza nazionale.

I ricercatori riportano che dal 2019, la Libia è diventata una fonte fornitura di armi di nuova fabbricazione. Fucili Ak nuovi, provenienti dalla Libia, sono disponibili sul mercato nero di Gao, Timbuktu e Ménaka, nel nord del Mali.

Il rapporto sottolinea un altro, interessante, aspetto: le connessioni etniche possono essere importanti facilitatori del traffico di armi. Molti dei conflitti nella regione hanno una dimensione etnica, così come gruppi criminali, che potrebbero preferire vendere o trasferire armi da fuoco a co-etnici in altri Paesi.

I gruppi estremisti violenti non sono coinvolti in prima linea nel traffico di armi da fuoco nel Sahel. Tuttavia, possono avere una relazione “cliente-venditore” con le comunità e altri gruppi armati con cui interagiscono, e sono gli unici suscettibili di ricevere un beneficio finanziario indiretto dall’uso di armi da fuoco piuttosto che dal loro traffico.

Per quanto riguarda dove acquistare le armi, il rapporto indica che esistono mercati aperti spesso in piccole città e villaggi lungo corridoi strategici. Molti dei ‘crocevia delle armi’ sono semplicemente aree con una bassa presenza dei rappresentanti dello Stato lungo le frontiere, o sulle rotte dove si svolgono più attività criminali.

Appare limitato il numero di individui attivamente coinvolti nel traffico di armi leggere su vasta scala. Piuttosto, sembra che lo scambio di armi avvenga in modo opportunistico, in base all’evoluzione della domanda e dell’offerta. Commercianti che viaggiano tra un Paese e l’altro possono trasportare – per guadagnare più soldi – di trasportare armi oltre alle consuete merci.

Gli autori di questo rapporto invitano i governi a fare ulteriori sforzi per migliorare l’intelligence, la comprensione della natura e della portata di tali flussi di traffico. Chiedono agli Stati di predisporre concrete misure preventive e di controllo, potenziare le capacità, intensificare le investigazioni. Sottolineano che è necessaria più cooperazione tra gli Stati nell’applicazione della legge e nelle indagini. Questo rapporto fa parte di un più ampio “Transnational Organized Crime Threat Assessment” (Tocta) sulla regione del Sahel. 

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