La battaglia legale per il supergrano teff, simbolo dell’Etiopia

di Marco Trovato

Apprezzato per l’alto contenuto di ferro, magnesio e calcio, è indicato nelle diete prive di glutine, come quelle rivolte ai celiaci. Come è finita la contesa sui diritti di sfruttamento.

Un supergrano così ricercato da voler essere brevettato. Ci aveva pensato un imprenditore olandese, ma nei mesi scorsi la corte dell’Aia ha sancito la nullità delle autorizzazioni ottenute fino ad allora nei Paesi Bassi. Si tratta del teff, un cereale privo di glutine simbolo dell’Etiopia, di dimensioni molto ridotte ma con notevoli qualità. Per questo Jans Roosjen, un agronomo che collaborava con l’Istituto etiopico di conservazione della biodiversità per la ricerca e lo sviluppo, ha tentato di brevettare le sementi del teff. E in realtà c’è anche riuscito.

 La vicenda riguarda l’antica questione dei diritti di proprietà intellettuale sulle sementi. In Etiopia c’era già stato un caso simile e aveva riguardato la catena di Starbucks e tre varietà di caffè, tra le più pregiate. Alla fine, anche dopo una campagna di denunce di Oxfam, l’azienda si impegnò ad aiutare il Paese «a commercializzare e promuovere la distribuzione delle tre pregiate varietà di chicchi».

Il teff è un cereale versatile, apprezzato per l’alto contenuto di ferro, magnesio, rame e calcio. Dalla lavorazione si ottiene l’injera, che è il piatto tipico dell’Etiopia, una sorta di pancake fermentato che si usa come base per ogni pietanza. Nel Corno d’Africa si coltiva da almeno duemila anni. È ad elevato contenuto di fibre e basso indice glicemico, per questo consigliato a bimbi e anziani, e molto ricercato dagli sportivi. Ma soprattutto perché indicato nelle diete prive di glutine, come quelle rivolte ai celiaci.

Per questo l’agronomo olandese Jans Roosjen da anni tenta di accaparrarsene il brevetto, per sdoganarlo e inserirlo tra gli ingredienti del mercato internazionale di alimenti privi di glutine. Dopo i primi avvicinamenti negli anni Duemila e alcune parziali concessioni a un’azienda poi fallita, nel 2007 ottenne un brevetto con la società Ancientgrain.

L’accordo stipulato con l’European Patent Office prevedeva lo stoccaggio e la lavorazione della farina di teff e dei suoi derivati in vari Paesi, tra cui l’Italia. L’episodio scatenò parecchia indignazione in Etiopia, che rimase esclusa dall’export del teff, non solo a causa della sua instabilità economica.

Poi nel 2014 emerse un conflitto giudiziario. Un’altra azienda olandese, Bakels Senior, aveva iniziato a vendere prodotti ottenuti dalla lavorazione del teff. Così Ancientgrain denunciò la concorrente segnalando una presunta infrazione per «violazione di brevetto». A termine di una molto controversa, a novembre 2018 la Corte ha emesso la sentenza, pubblicata pochi mesi fa. Secondo la distrettuale dell’Aia «non vi era alcuna violazione di brevetti» e nel provvedimento ha precisato che i brevetti depositati da Ancientgrain «mancavano di inventiva» e quindi non è possibile applicarlo nei Paesi Bassi.

Il provvedimento ha riconosciuto il ruolo degli agricoltori etiopici come «custodi della biodiversità sviluppata in Etiopia» e la notizia nel Corno d’Africa è stata accolta con entusiasmo. Anche perché la Bakels Senior ha fatto sapere che «presenterà ricorso anche negli altri Paesi in cui si detengono brevetti sulla farina di teff», compresa l’Italia (oltre a Regno Unito, Germania, Belgio e Austria).

In Etiopia negli ultimi anni è cresciuto il prezzo dell’injera e, a fronte di una notevole domanda, la produzione è rimasta stabile. «La “coltura” del teff ha dei limiti biologici e agronomici e per questo non se ne riesce a produrre di più. Inoltre non vi sono ulteriori grandi superfici da seminare a teff», dice Tiberio Chiari, responsabile ad Addis Abeba dell’Aics (Agenzia per la cooperazione e lo sviluppo) ed esperto agronomo. Anche per questo – con degli accordi sostenibili – il supergrano potrebbe finire nella grande distribuzione e nel supermarket vicino a casa, sugli scaffali, tra crackers e confezioni di pasta tradizionali.

(Marco Bova – Agi)

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