Sierra Leone: le ceneri di Susan Bay

di Valentina Milani

Questo è ciò che rimane di Susan Bay, baraccopoli di Freetown,  capitale della Sierra Leone, dopo il terribile incendio dello scorso 25 marzo: cumuli di cenere fra cui si aggirano circa seimila  persone che hanno perso ogni cosa. La tragedia ha colpito una comunità fragile ma straordinaria: nonostante le dimensioni del disastro non si contano vittime.

In queste settimane si parla molto della necessità di sposta]re il quartiere in luoghi più sicuri e con case migliori, tuttavia dovremmo studiare con molta ma molta attenzione cosa è successo a Susan Bay. Com’è stato possibile che il rogo sprigionatosi in un labirinto di vicoli di lamiera, inaccessibili ai mezzi di soccorso, non si sia tramutato in una strage? In tanti prima di scappare hanno raccolto tutti i bambini che trovavano in giro, sorpresi dal fumo mentre giocavano in strada, li hanno buttati sulle barche in riva al mare e portati al largo, al sicuro. Altri sono entrati nelle case già lambite dal fuoco per caricare anziani e disabili e trascinarli lontano dalle fiamme. Nel momento del bisogno, nell’emergenza più drammatica, a fare la differenza è stato il senso di comunità, la coesione e la solidarietà di gente accomunata dagli stessi problemi e dallo stesso destino: continuare a vivere assieme.

Testo di Federico Monica – Foto di Saidu Bah

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