di Céline Camoin
Secondo un recente rapporto dell’Onu, l’estrazione dell’oro nella provincia dell’Ituri nella Repubblica Democratica del Congo sfugge al controllo dello Stato. Milioni di dollari finirebbero nelle mani di reti criminali e gruppi armati. Una situazione che ha conseguenze gravi sullo sviluppo del Paese.
L’estrazione dell’oro nella provincia congolese dell’Ituri continua a sfuggire al controllo statale. Lo affermato gli esperti dell’Onu incaricati di monitorare e la situazione della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), in un capitolo del loro ultimo rapporto semestrale. Ben 140 milioni di dollari all’anno finirebbero nelle mani dei gruppi armati e delle reti criminali, anziché nel circuito virtuoso dello sviluppo.
“Le statistiche rivelano un divario significativo tra le stime della produzione artigianale di oro su piccola scala e le stime di cifre effettive registrate”, scrivono i relatori. Secondo un rapporto ufficiale, la produzione artigianale di oro su piccola scala nell’Ituri sarebbe di 1.800 chilogrammi all’anno. Tuttavia, i dati forniti dal Servizio di assistenza e supporto all’attività mineraria artigianale (Saemape) e dalla Cooperativa dei commercianti di oro dell’Ituri (Coonori) per il primo semestre 2024 rivelano una produzione di soli 17 chili e un acquisto di 24 chilogrammi.

Sebbene le cooperative minerarie paghino la Polizia Nazionale Congolese e le Forze armate per la loro protezione, la maggior parte dei siti minerari sono rimasti sotto il controllo di gruppi armati, come il Codeco Urdpc e il gruppo Zaire/Adcvi nel territorio di Djugu, la Forza di resistenza patriottica dell’Ituri (Frpi), il Fronte Patriottico e integrazionista del Congo e il Mapi (Movimento di autodifesa popolare) nel territorio di Irumu, Il Codeco-Urdpc nel territorio di Mahagi. Di conseguenza, i proprietari delle principali cooperative minerarie in Ituri, tutti membri della Coonori, “hanno pagato i leader dei gruppi armati, in particolare ‘Baraka’ del gruppo Zaire/Adcvi, e ‘50 cent’, il leader del gruppo armato Codeco, per proteggere i propri beni e le loro attività”. Il rapporto ricorda che questi pagamenti a gruppi armati sono sanzionabili.
Gli esperti citano in particolare Baraka, affermando che ha esercitato un controllo esclusivo su tutte le attività economiche della collettività di Mambisa. Le attività illegali di Baraka, tra cui l’estrazione dell’oro, le tasse e le tariffe dei checkpoint hanno generato un fatturato di circa 1,6 milioni di dollari al mese, solo con la produzione di oro. Entrate da tasse illegali sono state segnalate imposte alle attività commerciali locali e tariffe ai posti di blocco circa 70.000 dollari in più. Queste somme, riciclate attraverso investimenti immobili e proprietà commerciali a Mabanga, Iga-Barriere e Bunia, hanno permesso a Baraka di rafforzare la propria influenza come attore economico nella regione e capo del gruppo armato. “Le azioni di Baraka equivalgono allo sfruttamento illecito delle risorse naturali, che è un reato punibile ai sensi del paragrafo 7(g) della risoluzione 2293 (2016) del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”.