Paesi Bassi – La Corte penale internazionale compie 20 anni

di Enrico Casale
Corte penale internazionale

Venti anni fa veniva firmato lo Statuto di Roma, il trattato che ha dato vita alla Corte penale internazionale (Cpi). Un anniversario che cade in un momento difficile per il tribunale che è sempre più criticato.

La Cpi è il primo tribunale internazionale permanente che giudica individui responsabili di gravi crimini internazionali: crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. La sua giurisdizione interviene quando i tribunali nazionali non possono perseguire i colpevoli. Il trattato istitutivo è stato negoziato per quasi tre anni ed è stato adottato dopo una tumultuosa sessione a Roma il 17 luglio 1998.

Venti anni dopo, la CPI ha indagato su 26 casi, la maggior parte ancora in fase di indagine, ha emesso 32 mandati di cattura. Ci sono voluti 14 anni dall’adozione dello Statuto di Roma per vedere condannato il primo imputato della Cpi. Si tratta di Thomas Lubanga, capo della milizia in Ituri, che è stato condannato a 14 anni di carcere nel 2012 per aver arruolato bambini. Un processo esemplare per la Cpi che aveva preoccupato i signori della guerra.

Per l’avvocato specializzato in giustizia internazionale ed ex primo ministro africano centrale Nicolas Tiangaye, sebbene sia ancora un po’ presto a giudicare, il record è più che misto: “In vent’anni, non abbiamo visto grandi risultati in termini di accuse e condanne. Ci sono molti criminali che ancora sfuggono al Tribunale penale internazionale e per coloro che vengono arrestati, i procedimenti richiedono troppo tempo. Il caso di Bemba è esemplare: ci sono voluti dieci anni di procedimenti per giungere un’assoluzione. Ciò lascia perplessi gli attivisti per i diritti umani perplessi».

L’Africa ha aderito in massa allo Statuto di Roma: 34 Stati contro i 28 per i Caraibi e l’America Latina o addirittura 25 per l’Europa. Ma molti Paesi africani iniziano a criticare l’operato del tribunale.  Soprattutto quando la sua azione si è concentrata su alcuni capi di Stato in carica come Omar al Bashir in Sudan, Uhuru Kenyatta e il vicepresidente William Ruto in Kenya. L’Unione Africana ha così iniziato a dimostrare sempre di più ostilità verso la Corte giudicata da molti politici africani «giustizia bianca per i neri».

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