Nigeria post-elezioni, un Paese al bivio

di claudia
donne nigeria

di Valentina Milani

A fronte di una popolazione giovane e in crescita, la situazione economica in Nigeria non è particolarmente rosea. La crescita economica della prima potenza economica africana è lenta e l’inflazione sui generi alimentari, che rappresenta la maggior parte del paniere di inflazione del Paese, è salita al 24,32% a gennaio, dal 23,75% di dicembre. Inoltre, se si considera il prodotto interno lordo nazionale, la Nigeria è lo Stato più ricco del continente africano ma la ricchezza non è equamente distribuita tra la popolazione: secondo World Poverty Clock, il 43% della popolazione nigeriana vive in condizioni di estrema povertà e la maggior parte di questa non ha accesso ai servizi di base, come elettricità, acqua potabile, servizi igienici e istruzione. Un dato sorprendente se si considera la quantità di risorse che detiene il Paese.

Del resto, la corruzione dilaga nelle sfere del potere e varie sono le minacce interne che ostacolano una crescita virtuosa dello Stato nigeriano. Nel nord-est sono attivi ormai da diversi anni gli estremisti islamici affiliati al gruppo terroristico Boko Haram, che assaltano villaggi uccidendo uomini, donne e bambini e creando ondate di sfollati. Nel sud della Nigeria non si sono invece mai placati i movimenti separatisti, primo fra tutti il Popolo indigeno del Biafra (Ipob), che mira a ripristinare la repubblica del Biafra, territorio che si era staccato dalla Nigeria durante la prima guerra civile ma che ebbe vita breve: dal 1967 al 1970. Sempre nel sud, sono attivi i gruppi armati dell’area del Delta del Niger, che rivendicano autodeterminazione e gestione autonoma delle risorse e delle terre che abitano. A tutti questi movimenti si aggiungono, sparsi in diverse zone del Paese, quelli che vengono localmente definiti banditi, ossia uomini armati che periodicamente attaccano villaggi e rapiscono persone a scopo di riscatto. Le zone centrali sono invece teatro di conflitti intracomunitari tra agricoltori e allevatori.

Una situazione che allarma le Nazioni Unite. “Se non affrontati, questi attacchi per motivazioni identitarie rischiano di alimentare ulteriormente le tensioni fra le comunità, il reclutamento da parte dei gruppi armati e gli attacchi di rappresaglia, con ovvie ripercussioni sui civili”, ha commentato recentemente la consigliera speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, Alice Nderitu, esprimendo la sua preoccupazione per il peggioramento della situazione della sicurezza in Nigeria, che in parte quindi è legato “alla politicizzazione della transumanza, allo spostamento stagionale del bestiame per il pascolo, e alle crescenti divisioni tra le comunità, anche sulla base della stigmatizzazione lungo linee religiose ed etniche”.

Nel Paese che un tempo era il principale peacekeeper della regione, manca quindi la fiducia nel governo centrale anche per la sua incapacità di garantire la sicurezza in ampie zone del territorio, che sfuggono al controllo statale. Tutto questo ha ripercussioni oltre confine, a partire dal fatto che Boko Haram si è diffuso negli anni nella zona paludosa del Lago Ciad coinvolgendo altri Paesi.
Secondo diversi osservatori, una buona leadership, in grado di affrontare questi problemi e valorizzare le già importanti risorse, potrebbe trasformare la Nigeria in una potenza economica di rilevanza internazionale. In caso contrario, il Paese rischierà di restare un gigante dai piedi d’argilla, un genio inespresso, il solito forziere della ricchezza altrui. Oltre che un territorio inospitale per la popolazione locale e quindi un punto di partenza per movimenti migratori. (AGI)

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