Mali, “Wagner agisce secondo l’agenda del Cremlino”

di claudia
gruppo wagner

di Valentina Giulia Milani

“È normale che Lavrov faccia una dichiarazione del genere. Ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che sta fornendo una versione edulcorata della realtà. Perché è vero che il gruppo Wagner formalmente è un’entità privata però è anche vero che questa entità non agisce secondo un’agenda privata ma agisce secondo l’agenda internazionale del Cremlino”. Con queste parole Marco Di Liddo, analista e responsabile del desk Africa al Centro studi internazionali (Cesi), ha commentato a InfoAfrica/AfricaRivista le parole espresse dal ministro degli Esteri Russo, Sergei Lavrov, durante un’intervista a Mediaset della quale si è parlato tanto in questi giorni, in Italia e non solo.

Per quanto riguarda il panorama africano, le parole di Lavrov che hanno più colpito sono infatti state quelle relative al gruppo paramilitare russo Wagner la cui presenza è stata confermata in Mali, nonostante Bamako lo abbia sempre negato. Esprimendosi a riguardo il ministro russo ha però fatto leva sul fatto che non si tratta di un legame con lo Stato russo, bensì di un accordo commerciale. “Wagner è un corpo privato che non ha a che fare con lo Stato russo. Lo abbiamo già spiegato più volte anche ai nostri colleghi francesi quando hanno cominciato a innervosirsi sul fatto che Wagner si è accordato col governo del Mali per la fornitura di servizi di sicurezza”, ha detto Levrov aggiungendo che anche “in Libia c’è un corpo privato ma si trovano lì a livello commerciale proprio come in Mali”.

Sostanzialmente, però, secondo Di Liddo, Wagner “viene utilizzato come strumento di guerra ibrida perché mandare i soldati di una compagnia militare privata in giro per il mondo permette di compiere determinazioni azioni che dal punto di vista formale impediscono l’attribuzione di responsabilità diretta a uno Stato”.

In questo contesto si collocano i drammatici fatti che hanno visto nelle ultime settimane centinaia di civili essere presumibilmente uccisi da paramilitari russi. Di Liddo stesso ricorda quanto accaduto a Moura, dove secondo le prove raccolte da diverse organizzazioni di difesa dei diritti umani, sono stati uccisi almeno 300 civili dalle forze armate maliane fiancheggiate dai paramilitari di Wagner, nel corso di un’operazione militare anti terrorismo.

“Dal punto di vista legale, in un caso del genere, i responsabili sono innanzitutto i militari maliani, quindi il governo del Mali. In secondo luogo, la responsabilità cade anche sul gruppo Wagner che era lì in base a un accordo fatto con Bamako”, precisa l’analista aggiungendo che “a livello politico la responsabilità è sempre della giunta militare al potere in Mali alla quale si aggiunge la responsabilità della Russia”. Perché – ribadisce – è vero che Wagner è formalmente indipendente, ma risponde a un’agenda politica russa. “Anche perché non è che il gruppo militare si presenta direttamente al governo del Mali, probabilmente vi è la figura di un facilitatore russo legato al Cremlino”, aggiunge.

Presente anche in Centrafrica, Libia e in altri Paesi africani, la presenza del gruppo Wagner è sempre stata più o meno sottaciuta dai vari governi che parlano piuttosto di istruttori dell’esercito “in quanto la compagnia effettivamente fa operazioni di addestramento che permettono alla Russia di svincolarsi dal suo coinvolgimento come Stato”.

La presenza di Wagner in Africa è stata crescente a partire dal 2015 fino ad oggi. Riguardo le prospettive future, Di Liddo afferma che bisogna vedere come evolverà la guerra in Ucraina anche perché diversi elementi di Wagner sono stati richiamati per andare a combattere contro Kiev, altro elemento “che confermerebbe il coinvolgimento dello Stato russo”.

I commenti del diplomatico russo nell’intervista a Mediaset sono tra l’altro arrivati in un momento di escalation delle tensioni tra Francia e Mali. Accusato qualche settimana fa di commettere abusi nella città di Gossi, nel nord del Paese, l’esercito francese ha trasmesso dei video di quelli che sostiene essere mercenari di Wagner che creano una fossa comune per screditarlo. In seguito alla trasmissione di queste scene, Bamako ha accusato Parigi di spionaggio, senza dare alcuna spiegazione sul fatto che ciò fosse vero o meno. In seguito, le autorità del Mali hanno annunciato la fine degli accordi di difesa con la Francia e la coalizione Takuba.

“Le relazioni tra Francia e Mali sono al minino storico da almeno trent’anni, per tanto motivi”, spiega Di Liddo precisando che non sono stati i russi a creare la crisi tra Parigi e Bamako: “loro l’hanno solo cavalcata”. La crisi dei rapporti è più profonda e “affonda le sue radici già ai tempi dell’indipendenza. In Africa una narrativa politica anti occidentale è da sempre diffusa ma in momenti di grave crisi politica e militare come quella che sta vivendo il Mali dal 2013 questa retorica viene sempre più radicalizzata e rinforzata perché serve come architettura ideologica per legittimare determinate azioni”. Da qui, secondo lo studioso, la rottura è inevitabile visto che all’ideologia segue la pratica e in Mali il passo è veloce dal momento che la presenza francese è considerata come una forma di neocolonialismo. Il problema per Bamako è la sicurezza: “non so quanto la Russia e il gruppo Wagner siano in grado di sostituire l’apporto umanitario e securitario fornito dalla Francia”.

Circa la possibilità che questa crisi e la crescente presenza di Wagner possa favorire una maggiore presenza della Russia in Mali Di Liddo non ha dubbi: “un Paese come il Mali ha bisogno di capitali perché necessita assistenza umanitaria e viste le finanze russe è difficile immaginare un ruolo russo esclusivo in Mali che può al massimo intervenire appunto con Wagner o sfruttando qualche miniera. Ma non può garantire la costruzione di strade e infrastrutture come invece può fare la Cina”, spiega l’esperto del Cesi che non esclude una potenziale asse russo cinese in Africa che “potrebbe bilanciare i due elementi: i russi si occupano di mandare addestratori militari in cambio di qualche concessione mineraria e i cinesi fanno tutto il resto”.

In che modo la crisi tra Bamako e Parigi impatta sull’Europa? “Noi subiamo uno smacco diplomatico importante con il ritiro della Francia. Contemporaneamente le problematiche maliane dal momento in cui si incancreniscono rischiano di impattare sull’occidente a livello di migrazioni”, risponde Marco Di Liddo concludendo che in questo contesto “i russi stanno giocando una partita sapendo che tutti i limiti delle loro azioni non si vanno poi a sfogare su di loro ma su Roma, Parigi, Berlino…”. 

Condividi

Altre letture correlate: