Libia, Conte: «Italia preoccupata»

di Enrico Casale
miliziani libici

«Gli ultimi sviluppi in Libia e in particolare l’escalation militare sono motivo di forte preoccupazione per l’Italia, così come lo sono e devono esserlo anche per tutta l’Europa e per l’intera comunità internazionale». Lo dice il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nell’informativa alla Camera sulla Libia.

«Le informazioni che giungono dal terreno – ha affermato il premier –, che risentono di un contesto complesso e soggetto anche a evidenti tentativi di disinformazione e propaganda, descrivono un quadro di situazione estremamente fragile e fluido. Nel complesso, si registra al momento un certo equilibrio nei rapporti di forza e alterne vicende sul piano militare, in un quadro di crescente intensità e violenza, con l’uso di raid aerei e l’afflusso su entrambi i lati di armamento pesante».

«Le evoluzioni in Libia non ci devono far deflettere dalla ricerca di una soluzione politica, l’unica davvero sostenibile – afferma il premier nell’audizione –. Urge dunque lavorare innanzitutto in direzione di un cessate il fuoco e di un’immediata interruzione della spirale di contrapposizione militare, preservando l’integrità di Tripoli e la distensione sul resto del territorio».

«In questi mesi sono stato, e sono in questi stessi giorni ed ore tuttora in contatto diretto, con i due principali attori libici, il presidente Serraj e il generale Haftar (con quest’ultimo nelle scorse ore ho avuto un contatto attraverso un suo emissario), così come con gli altri protagonisti del panorama politico interno – ha proseguito Conte –. Il succedersi degli scontri e l’aumento dei morti, stimati in alcune centinaia, e di feriti, ma anche degli sfollati, segnalano un concreto rischio di crisi umanitaria che va scongiurato rapidamente. L’emergenza umanitaria, con conseguenze sui flussi migratori, così come il riaffacciarsi dello spettro dell’insorgenza terroristica dimostrato dal recente attentato perpetrato da Daesh a Fuqaha, impongono determinazione e rapidità di azione».

Non vi sono interessi economici o geopolitici che possano giustificare derive militari e, in ultima analisi, il rischio di una guerra civile, ha detto il premier. La violenza genera violenza, genera ferite che difficilmente si rimarginano e non serve, alla fin fine, né gli interessi della popolazione né quelli della comunità internazionale. «Non ci possono essere ambiguità e mistificazioni, a maggior ragione in un momento così critico – ha sottolineato il primo ministro –. Al momento la nostra ambasciata a Tripoli resta operativa e a pieno regime. Anche il personale militare italiano presente in Libia non è stato evacuato. I nostri interessi sul terreno sono parimenti tutelati. Monitoriamo naturalmente di ora in ora le condizioni di sicurezza nel Paese».

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