L’Egitto si finge normale

di claudia
Il Presidente Abdel Fattah al Sisi

Il presidente al-Sisi ha revocato lo stato di emergenza, “ma è una mossa di propaganda per distogliere l’attenzione dalla realtà dei fatti”, spiega l’esperto Andrea Dessi. Il regime attuale si dimostra repressivo e chiuso, anche più di quello di Mubarak, come noi italiani ricordiamo bene per i casi di Giulio Regni e Pratici Zaki”

“L’Egitto è diventato, grazie al suo grande popolo e ai suoi uomini fedeli, un’oasi di sicurezza e stabilità nella regione”, e per questo motivo “ho deciso di annullare il rinnovo dello stato di emergenza in tutto il Paese”, ha affermato il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, in un post pubblicato ieri sulla propria pagina Facebook.

“L’annuncio arriva quasi di sorpresa perché la legge dal 2017, stabilita a seguito di una serie di gravi attentati terroristici rivendicati dall’Isis, veniva automaticamente rinnovata ogni quattro mesi”, commenta a InfoAfrica/Africa Rivista Andrea Dessì, direttore del Programma di Politica estera dell’Italia e responsabile di ricerca nell’ambito del programma Mediterraneo, Medio Oriente e Africa dell’Istituto affari internazionali (Iai). La legge ha dato alle autorità poteri speciali, riducendo le libertà di parola e il diritto di assemblea ed è stata più volte criticata dalle organizzazioni non governative.

Analizzando la decisione di al-Sisi, il suo significato appare abbastanza chiaro, secondo Dessì. “Questa mossa, di rilevanza internazionale, ha la valenza di mostrare al mondo che l’Egitto si sta rimettendo in carreggiata, in un momento in cui la nuova amministrazione statunitense è tornata a porre l’accento sul rispetto dei diritti umani”, afferma il ricercatore.

L’immagine dell’Egitto come “un’oasi di pace e stabilità” di cui ha parlato al-Sisi, alle orecchie di Dessì, suona però “come propaganda per il consumo esterno per distogliere l’attenzione dalla realtà dei fatti”. L’Egitto, secondo il ricercatore, rimane “un Paese fortemente autoritario dove le forze di sicurezza hanno il completo controllo sulla società”. Dalla presa del potere nel 2013, il regime di al-Sisi “si è dimostrato repressivo e chiuso, anche più di quello di Mubarak, come noi italiani ricordiamo bene per i casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki”, continua Dessì.

A livello interno il quadro di un Egitto stabile e pacifico dipinto dal presidente, per l’esperto dello Iai “mette in contrapposizione la situazione del Paese rispetto a ciò che è accaduto in Siria, Libia e Yemen e serve a ricordare che le rivoluzioni possono portare a un collasso dello stato”. Da questo punto di vista l’annuncio di al-Sisi, inoltre, dimostra “che le forze controrivoluzionarie dell’intera regione si sentono dalla parte dei vincitori”. “Nella realtà dei fatti – però – è difficile se non impossibile parlare di un Paese stabile e pacifico”.

In questi anni “è diminuita la minaccia alla stabilità del regime da parte dell’islam politico e dei fratelli musulmani, grazie alla repressione e al controllo operato dalle autorità egiziane” spiega Dessì. Allo stesso tempo la minaccia del “sedicente Stato Islamico, che cerca di colpire le minoranze per scardinare la società e portare ad una guerra civile, è anche esso rientrato”. Detto questo, “rimane forte la preoccupazione socio-economica, aspetto che rappresenta la principale e reale minaccia alla stabilità del regime.”

Cosa comporta però nel concreto la rinuncia allo stato di emergenza in Egitto? “Sulla carta la polizia e l’esercito non potranno più sbandierare questa legge per interrompere manifestazioni, arrestare persone per strada e fare perquisizioni senza mandato” riflette Dessì. In pratica però la situazione non è destinata a cambiare: “Avendo consolidato il controllo su media, corti e parlamento, le autorità potranno agire pressoché con lo stesso tipo di poteri e senza alcuna opposizione or supervisione” sostiene il ricercatore.

Le leggi approvate in questi anni, a partire da quelle che regolano la libertà di parola online, la stampa e i sindacati, equivarrebbero in pratica a uno stato di emergenza. La verità, secondo Dessì, è che “questi aspetti sono così saldi e istituzionalizzati che la cornice dello stato d’emergenza semplicemente non serve più”. 

(Tommaso Meo)

Condividi

Altre letture correlate: