Le malattie dimenticate dell’Africa

di Marco Trovato

Non c’è solo il Covid. Oggi nel mondo un miliardo e mezzo di persone soffrono per quelle che vengono comunemente chiamate malattie tropicali neglette – di cui oggi si celebra la giornata mondiale – patologie e infezioni diffuse in popolazioni a basso reddito nelle regioni in via di sviluppo, specie nell’Africa sub-sahariana. Dalla lebbra alla dracunculiasi, dalla framboesia al tracoma accecante, fino alla Nodding Syndrome. Un video da vedere, un webinar da seguire…

Queste patologie sono comuni in 149 paesi e colpiscono più di 1,4 miliardi di persone (tra cui più di 500 milioni di bambini) e costano ai paesi in via di sviluppo miliardi di dollari ogni anno.

Oggi è la giornata internazionale della Malattie tropicali neglette (in inglese Neglected tropical diseasesNtds), un occasione per ricordare patologie e infezioni tropicali particolarmente diffuse in popolazioni a basso reddito nelle regioni in via di sviluppo, specie nell’Africa sub-sahariana. Si tratta di malattie potenzialmente curabili, ma spesso devastanti in società con sistemi sanitari inadeguati, carenza di personale specializzato, disponibilità di medicine e trattamenti curativi. Queste patologie sono comuni in 149 paesi e colpiscono più di 1,4 miliardi di persone (tra cui più di 500 milioni di bambini) e costano ai paesi in via di sviluppo miliardi di dollari ogni anno. In alcuni casi, le terapie sarebbero poco onerose. Ad esempio, il costo del trattamento per la schistosomiasi è di 0,20 dollari per bambino all’anno. Ma in molti Paesi mancano anche queste poche risorse. Non ci si riferisce a grandi malattie diffuse come, per esempio, l’Aids, la malaria o la tubercolosi, ma a patologie assai meno conosciute, come per esempio la Nodding Syndrome, Sindrome del Ciondolamento, una patologia neurologica degenerativa della famiglia delle epilessie,particolarmente diffusa in Sud Sudan e Uganda.

Spiega l’organizzazione umanitaria Amref: “Colpisce in prevalenza minori tra i 5 e i 15 anni, causando condizioni neurologiche e fisiche disabilitanti con complicazioni che portano al decesso prematuro. Le cause della sindrome rappresentano una sfida che la comunità scientifica internazionale fronteggia da circa 15 anni, ma si ritiene che una delle possibili cause sia un parassita (Onchocerca volvulus) trasportato da una specie di mosca che in alcune comunità viene chiamato Dubal Kazana, che si riproduce tra le piante che crescono sui bordi dei fiumi. Il parassita provoca dapprima un’irritazione della pelle che migra poi verso gli occhi, determinando la perdita della vista e delle forti crisi epilettiche. Inoltre, un probabile sintomo della malattia è il ciondolamento della testa, soprattutto mentre la persona malata mangia, associato a deperimento fisico e a mancanza di coordinazione degli arti”. La Sindrome danneggia i bambini nei momenti cruciali della loro crescita, fino ad incidere in modo devastante sullo sviluppo del cervello e alla conseguente perdita della cognizione di sé, la capacità di parlare e di vivere in modo indipendente da chi li accudisce.

La Sindrome del Ciondolamento, particolarmente diffusa in Sud Sudan e Uganda, spiegata da un operatore sanitario di Amref

Per chi è interessato ad approfondire la tematica, segnaliamo che oggi alle ore 11 si terrà una diretta facebook sulla pagina ufficiale di CVM Comunità Volontari per il Mondo. Si tratta di una tavola rotonda tra medici, ricercatori e professionisti sanitari che si confronteranno su questo tema per illustrarne le sfide e incentivando le iniziative di condivisione e collaborazione. Interverranno: il prof. Francesco Castelli (Università di Brescia), Daniela Fusco (Bernhard Nocht Institute for Tropical Medicine, Amburgo), dott.ssa Alessandra De Pascali (Università di Bologna), dott. Roberto De La Tour (Laboratory Advisor Medici Senza Frontiere, Ginevra), dottoressa Valentina Marchese (ASST Ospedale Civili e Unesco Chair), Prof.ssa Valentina Mangano (Università di Pisa, Società Italiana di Parassitologia).

L’Organizzazione mondiale della sanità, da parte sua, in vista della giornata, ha lanciato un piano d’azione per ridurre il numero di persone che necessitano di interventi contro queste malattie ed eradicarne totalmente almeno due nel mondo entri i prossimi 10 anni.

Le Ntds sono un insieme diversificato di 20 malattie causate da virus, batteri, parassiti, funghi e tossine. Largamente diffuse anche in Africa, hanno in comune il fatto di essere tendenzialmente croniche e disabilitanti, molte delle quali prevenibili e curabili, ma che infettano in maniera sproporzionata le popolazioni povere e marginalizzate, specialmente se lontane dai sistemi sanitari. Colpiscono più di 1 miliardo di persone e causano più di mezzo milione di morti l’anno con conseguenze devastanti per la salute, ma anche con un profondo impatto sociale ed economico. Tra le tante, citiamo la dracunculiasi, nota come malattia del verme di Guinea, la framboesia, il tracoma accecante, la tripanosomiasi africana, la lebbra e la filariasi linfatica.

Per molte Ntds diagnosi e cure esistono. Le diagnosi spesso sono però pensate per i viaggiatori per cui poco utili per i contesti ad alta endemicità. Le cure sono spesso vecchie o con alto grado di effetti collaterali e che richiedono un follow-up accurato per garantire un buon livello di efficacia. In aggiunta, la trasmissione delle Ntds è spesso legata a fattori della vita quotidiana come per esempio la struttura delle abitazioni o le condizioni di lavoro. Questo ci fa capire che combattere le Ntds non è solo una questione di salute.

Dal 2010 sono stati compiuti progressi significativi. Oggi, 500 milioni di persone non necessitano più di interventi contro diverse Ntds e 40 Paesi hanno eliminato almeno una di queste malattie. La dracunculiasi è sull’orlo dell’eradicazione, con 54 casi umani segnalati in quattro Paesi nel 2019; la filariosi linfatica e il tracoma sono stati eliminati come problema di salute pubblica rispettivamente in 16 e 9 Paesi; l’oncocercosi è stata eliminata in quattro Paesi nella regione delle Americhe; il numero annuale di casi di tripanosomiasi africana umana è sceso da oltre 7.000 nel 2012 a meno di 1.000 nel 2018, eclissando l’obiettivo originario di 2.000 casi entro il 2020; e il numero di nuovi casi di lebbra segnalati a livello globale ha continuato a diminuire dal 2010 a una media dell’1% all’anno dopo che la maggior parte dei paesi endemici ha raggiunto l’eliminazione come problema di salute pubblica (meno di un caso in cura per 10.000 abitanti).

“È necessaria un’azione programmatica continua – afferma l’Oms nel documento – in particolare nelle aree più povere. Serve pertanto uno stretto coordinamento e un’azione multisettoriale all’interno e al di fuori del settore sanitario, che comprende non solo il controllo dei vettori, come l’acqua e i servizi igienico-sanitari, ma anche, ad esempio, l’istruzione e la consapevolezza della salute pubblica”.

(Ha collaborato Valentina G. Milani e Claudia Volonterio). Consulenza scientifica di Elisabetta Jankovich

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