La Tunisia dice no alla deriva islamista

di claudia

Il principale responsabile della crisi politica e istituzionale della Tunisia è il partito islamista Ennahdha che negli ultimi anni ha attaccato ed eroso le tutele individuali e i diritti civili, patrimonio di questo Paese, ed è stato incapace di promuovere lo sviluppo, tradendo le aspettative della rivoluzione. Ora si apre una nuova pagina dai risvolti incerti, dove l’Europa può giocare un ruolo decisivo, riscattando dieci anni di inerzia e miopia


Siamo ormai lontani dall’euforia popolare che permise nel 2011 l’arrivo all’aeroporto di Tunisi Cartagine di Rached Ghannouchi, leader del partito islamista Ennahdha, accolto dalle frange più estremiste della popolazione che vedevano in lui e nel suo movimento politico dei fratelli musulmani, un desiderio di riscatto nei confronti della politica dittatoriale dell’ ex presidente della Repubblica tunisina, Ben Ali.
E’ a causa della scellerata legge sull’amnistia generale promulgata all’indomani della “rivoluzione”, che moltissimi islamisti esiliati e protetti per decenni dall’Europa, fecero ritorno in patria. Quegli stessi islamisti che dopo aver acquisito la seconda nazionalità e approfittato di tutti i vantaggi economici e di protezione offerti loro dall’Europa, insultavano una volta in parlamento o al governo, i loro secondi Paesi, trattandoli di “Koffar”, ossia infedeli e miscredenti.

Il partito islamista ennahdha, additato oggi da molti come il partito degli scandali finanziari, è implicato secondo il “Comitato di difesa Brahmi- Belaïd”  negli attentati che costarono la vita ai due leader di sinistra Mohamed Brahmi e Chokri Belaïd, uccisi in un attentato dopo aver criticato acerrimamente la politica dei fratelli musulmani in Tunisia. Chokri Belaïd in particolare denunciò il macabro disegno politico, societario, culturale e religioso volto a riportare il Paese nord africano indietro di quattordici secoli, istituendo un califfato islamico basato sulla sharia.
Una bestemmia, per un Paese come la Tunisia che ha sempre avuto una legislazione all’avanguardia tra i Paesi africani e musulmani, per la protezione dei diritti delle donne e delle minoranze religiose… la nazione del “Codice dello statuto personale”  promulgato da Habib Burghiba all’indomani dell’ indipendenza avvenuta nel 1956, dove si autorizzava il divorzio per la donna, l’ abolizione della poligamia e il diritto all’aborto.  Neanche la “progredita” Europa si era spinta a tanto…

Mai, un 25 luglio, festa della Repubblica tunisina, è stato vissuto così intensamente da parte del popolo e della gioventù tunisina , scesi per le strade di tutte le città del Paese per sostenere le dichiarazioni del presidente della Repubblica Kais Saïed, deciso come non mai a dichiarare guerra al partito islamista Ennahdha, al primo ministro pro islamista Mechichi e a tutti i parlamentari corrotti e responsabili di violenze all’interno dell’ emiciclo parlamentare, “legali” sostenitori del terrorismo, il tutto con l’ accordo e la complicità dell’ islamista Rached Ghannouchi, ex presidente del Parlamento.

Gli scandali legati alla corruzione e all’impoverimento economico e culturale della Tunisia da oltre dieci anni, attribuiti essenzialmente al partito ennahdha e alla sua nebulosa estremista islamista, hanno fatto scendere per strada i giovani tunisini, assetati di giustizia che la notte del 25 luglio hanno rivendicato pacificamente e gridato a squarciagola gli stessi slogan del 2011. In effetti da 10 anni nulla è cambiato se non in peggio; disoccupazione giovanile alle stelle, svalutazione del dinaro, aumento del costo della vita, ingiustizie sociali, violenze contro le minoranze sessuali e religiose e la forte corruzione. Mai la Tunisia della post indipendenza, si era ritrovata in una situazione simile!

Ma dov’è stata l’Europa in tutto questo tempo? Forse occupata più a “sostenere” la Libia e a spartirsi le interminabili ricchezze economiche di gran lunga più importanti in confronto al non rispetto dei diritti umani in Tunisia?
E’ vero che l’Occidente ha sostenuto, pur contro il volere del popolo tunisino, gli islamisti durante questi lunghissimi e orribili anni, un modo per arrivare meglio forse alla spartizione delle ricchezze libiche gestite allora da Al Sarraj, imposto in Libia dagli occidentali.
Il popolo tunisino è fiducioso nelle scelte del suo presidente, bisogna solo saper non deragliare verso delle derive dittatoriali, ma questo Kais Saïed lo sa già. L’Europa dovrà adesso appoggiare e sostenere e per la prima volta il volere del popolo tunisino, e non più partiti politici che vanno contro gli interessi di questo splendido Paese…
Forse con l’attuazione in Tunisia di una politica moderna e giovanile europea da pari a pari, si potranno finalmente evitare gli sbarchi verso le coste europee e rendere la Tunisia un effettivo partner economico e culturale dell’Europa.

Alfonso Campisi, Professore di Filologia Italiana e Romanza e Lingua e Dottrina Siciliana presso l’Università La Manouba

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