La città, un lusso che pochi possono permettersi

di AFRICA
Luanda

Quanto costa vivere in città? Da sempre questo è un tema caldo che ad ogni latitudine distingue la vita nei centri urbani dal mondo rurale: i vantaggi e le opportunità che offre la città nell’accesso ai servizi o al mercato del lavoro vanno di pari passo con un aumento generalizzato del costo della vita. Questo aumento è particolarmente evidente nei centri urbani africani in cui una serie di concause rendono la vita decisamente più cara rispetto a città analoghe in Paesi con un simile reddito pro-capite in America Latina o nel sud-est asiatico. Costi a volte proibitivi che non riguardano, come si potrebbe pensare, solo le fasce alte della popolazione o i cosiddetti expat ma interessano in maniera trasversale tutti i residenti, compresi quelli che vivono nei quartieri informali. Inflazione e macroeconomia a parte, i motivi sono diversi e come spesso accade concatenati in una spirale difficile da rompere.

Le ragioni di un fenomeno

Secondo Africa’s Cities, un rapporto della Banca Mondiale, uno dei maggiori è lo sprawl, la crescita incontrollata e disordinata di sterminate periferie anziché di quartieri compatti e densi, che crea non solo problemi ambientali e organizzativi a molte città africane ma anche un aumento dei costi per i singoli residenti. Città estese e dispersive comportano infatti maggiori investimenti per realizzare le reti infrastrutturali e dei servizi, con il conseguente aumento dei costi di manutenzione e gestione che ricadono sulle tariffe dei cittadini o indirettamente sui prezzi dei beni di consumo. In diverse città africane l’acqua o la corrente elettrica costano care e la qualità del servizio è oltretutto scarsa e intermittente, tanto che a Luanda, Gaborone e Kinshasa i prezzi dei servizi sono addirittura un terzo più cari che in simili città asiatiche. Non indifferente è anche l’incidenza dei prezzi del trasporto urbano: le distanze considerevoli, l’assenza di un servizio pubblico efficiente e la carenza delle infrastrutture stradali, spesso perennemente congestionate, rendono gli spostamenti nelle città lunghi, difficili e di conseguenza molto costosi. Si calcola che a Lagos o a Dar es Salaam il budget necessario per spostarsi quotidianamente in città superi il 50% delle entrate di una famiglia a basso reddito, rendendo impossibile spostarsi, se non a piedi, e cercare opportunità in altri quartieri. Un’ultima causa è il costo elevato dei beni di prima necessità dovuto da un lato alla scarsità di industrie di trasformazione, che fa sì che i beni lavorati debbano essere in gran parte importati, dall’altro all’inefficienza di reti di trasporto, catene del freddo e centri di distribuzione che innalzano i prezzi del cibo fino al 35% in più rispetto a città analoghe. Un costo della vita a volte insostenibile che impatta specialmente sulle fasce più fragili della popolazione e che è direttamente imputabile a carenze strutturali accumulate in anni di mancata o cattiva pianificazione.

La “solita” soluzione

Ad offrire risposte a questo problema interviene, come spesso accade, l’economia informale. Rubinetti o prese di corrente condivise per chi non può permettersi un allaccio privato, efficientissime reti di trasporto e vendita al dettaglio, ristoranti o bancarelle improvvisate ai bordi delle strade, tontine e servizi di mutuo aiuto. Un imponente sistema di servizi paralleli che permette la sopravvivenza quotidiana di milioni di persone nonostante la cronica mancanza di infrastrutture di gran parte delle città africane.

(Federico Monica, autore dell’articolo, sarà relatore del seminario, organizzato dalla rivista Africa, “L’Africa delle città”. Per info e prenotazioni, clicca qui)

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