Kenya, il riscatto dello slum parte dagli orti

di Enrico Casale
Orti comunitari

orti comunitariIl 2015 è l’anno di Expo e di «nutrire il pianeta». Milano è quindi diventato il luogo privilegiato per raccontare come il cibo e l’agricoltura stiano oggi permettendo a realtà, sino a questo momento falcidiate dalla miseria e dalla malnutrizione, di invertire il proprio cammino e di spingersi verso una crescita che non sia solo economica, ma anche sociale e comunitaria.

Dal 2 al 9 ottobre è presente a Milano una delegazione keniana che racconta l’esperienza degli orti di strada e degli orti comunitari, realizzati nello slum di Dagoretti, a Nairobi. Si tratta di un progetto di Amref, Aiab e Farmafrica, realizzato grazie ai finanziamenti di Regione Lombardia, Fondazione Cariplo e Comune di Milano (attraverso il  bando «Nutrire il Pianeta 2014»).

Lo slum di Dagoretti, con una popolazione di 400mila abitanti, è una delle baraccopoli più povere del Kenya. Il 56% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno e 100mila bambini sopravvivono, abbandonati a loro stessi, tra rifiuti e bottigliette colme di colla da sniffare per lenire la fame e le miserie della quotidianità.

È in questo contesto che Amref ha deciso di intervenire. Dapprima con attività rivolte al recupero e al reinserimento dei ragazzi, poi con l’insegnamento di discipline come il teatro, la musica e il videomaking che hanno consentito a molti giovani di Dagoretti di seguire un percorso professionale sulla base dei propri talenti mettendo le basi per il proprio futuro. Amref ha inoltre curato la realizzazione di un centro che ogni giorno distribuisce due pasti a oltre 400 bambini e ha, infine, lanciato «Orti di strada e comunitari».

«Il progetto mira alla realizzazione di sei serre, 10 orti e 15 strutture di vertical gardens – spiega Roberta Bernocco di Amref -. Sono stati creati impianti e pozzi per raccogliere e distribuire acqua pulita. Attraverso questa iniziativa degli orti si vuole permettere lo sviluppo di un’economia locale, promuovere l’accesso al cibo e combattere la malnutrizione. Oltre, ovviamente, creare uno spirito di lavoro comunitario in modo tale che la popolazione dello slum faccia uno sforzo comune e si attivi in modo sinergico per il proprio futuro».
Daniele Bellocchio

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