Il traffico di armi non cessa in Libia

di Enrico Casale
Libia

Continua massiccio l’afflusso di armi in Libia in flagrante violazione dell’embargo dell’Onu. A denunciarlo Stephanie Williams, capo della Missione delle Nazioni Unite che, secondo quanto riporta l’agenzia Ansa, giudica «deplorevole» l’assistenza militare che diverse potenze straniere continuano a fornire alle forze del generale Khalifa Haftar e a quelle del governo guidato da Fayez al Sarraj.

Secondo le Nazioni Unite, negli ultimi due mesi, 70 voli di rifornimento sono atterrati negli aeroporti della Libia orientale controllata dal generale Haftar, mentre 30 aerei hanno rifornito l’Ovest del Paese sotto il controllo del governo di al-Sarraj. Williams ha parlato di «un attacco allarmante alla sovranità della Libia» e di «una flagrante violazione dell’embargo sulle armi delle Nazioni Unite». «Continuiamo, inoltre, a ricevere segnalazioni di presenza su larga scala di mercenari e agenti stranieri», ha aggiunto. Una presenza che, a suo avviso, complica la situazione nel Paese.

Ciò che non ha specificato è da dove vengano le armi. Da tempo, ormai, si sa che le forniture di armi della Turchia (sostenute anche dal Qatar), hanno permesso alle forze fedeli ad al-Sarraj di contenere l’offensiva da parte delle milizie del generale Haftar. Quest’ultimo sarebbe invece aiutato da Egitto, Emirati arabi uniti, Russia e, anche se in tono minore, Francia. Attraverso i cargo sono arrivati nel Paese nordafricano droni di ultima generazione (in particolare quelli kamikaze), armi chimiche, lanciarazzi di ultima generazione, armi chimiche.

Intanto sul terreno continuano gli scontri soprattutto intorno a Sirte. Nella notte tra l’1 e il 2 settembre, razzi sono stati sparati da forze affiliate al generale Haftar che non hanno causato danni o feriti, anche se rappresentano comunque una violazione del cessate-il-fuoco. Secondo la rappresentante Onu, «l’instabilità politica e militare in Libia è esacerbata dal deterioramento delle condizioni economiche e sociali. La parziale revoca del blocco delle raffinerie di petrolio da parte delle forze di Haftar non ha ridotto la crisi energetica in Libia. A Tripoli, le persone vivono 20 ore al giorno senza elettricità. Dobbiamo rendere una priorità assoluta la revoca del blocco petrolifero, in vigore da gennaio.

Infine, secondo la rappresentante Onu, la situazione dei migranti e dei rifugiati sul territorio libico continua a essere fonte di profonda preoccupazione. Il 17 agosto, almeno 45 di loro sono morti al largo delle coste libiche mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo verso l’Europa. Ciò dimostra che «la Libia non può essere considerata un porto di sbarco sicuro».

(Tesfaie Gebremariam)

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