Guinea | Un election day già scritto prima

di Pier Maria Mazzola

E così, virus o non virus, proteste o non proteste, domenica 22 in Guinea si è votato. Si è trattato di un “election day” che univa, alle legislative, un referendum costituzionale. La riforma della Carta, è vero, contemplava anche maggiori diritti e riconoscimento della dignità alle donne, ma soprattutto spianava la strada a una nuova candidatura, la terza, dell’82enne capo dello Stato Alpha Condé (foto), e con un mandato allungato di un anno. Secondo l’interpretazione di Al Jazeera, Condé potrebbe in realtà rimanere in carica per altri dodici anni, non essendo stato specificato se i precedenti mandati vadano computati o meno nella stagione aperta dalla nuova legge fondamentale. Le prossime presidenziali dovrebbero tenersi entro la fine dell’anno.

La Commissione elettorale nazionale indipendente ha proclamato nello scorso fine settimana la vittoria del “sì” alla nuova Costituzione con il 91,59% dei voti; il tasso di astensione è stato del 39%. L’opposizione aveva chiamato al boicottaggio, e le giornate preelettorali erano state segnate da disordini culminati nella morte di dieci persone.

Nette le prese di distanze dalla Guinea a livello regionale come intercontinentale, con la Comunità economica dell’Africa occidentale e l’Organizzazione internazionale della francofonia che avevano sollevato forti sospetti sulla regolarità delle liste elettorali (si è parlato di 2,4 milioni di elettori, sui 7,7 milioni iscritti, dall’identità tutta da verificare: doppioni o cittadini deceduti – che sono stati, alla fine, effettivamente depennati).

Una testata come Financial Afrik ha parlato di vittoria bulgara dal retrogusto amaro: Condé si ritrova più isolato che mai, sia dai suddetti organismi sia in seno alla stessa Unione Africana – che non ha inviato suoi osservatori – come pure rispetto ai Paesi occidentali “che contano”: l’ambasciatore francese è stato convocato mercoledì per sentirsi accusare di «partito preso» per l’opposizione; ieri, l’ambasciatore statunitense ha pubblicamente dichiarato i suoi dubbi sulla «credibilità dello scrutinio» e invocato «un’inchiesta trasparente e rapida su tutti i casi di morte legati alle manifestazioni». Anche il rappresentante dell’Onu nell’Africa occidentale, Mohamed Ibn Chambas, ha espresso «grande preoccupazione».

Ieri, per prevenire l’epidemia di coronavirus – che al momento conta pochi casi nel Paese – il presidente ha dichiarato lo stato d’emergenza sanitario, annunciando un coprifuoco dalle 21 alle 5 del mattino e l’isolamento della capitale Conakry dal resto del Paese. Le misure sono valide per quindici giorni, reiterabili a seconda delle circostanze.

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