Gli uomini del ferro e del fuoco

di claudia

di Marco Aime

Il loro lavoro nell’odierna Africa urbanizzata appare uno fra i tanti. Ma nelle società tradizionali i fabbri hanno uno statuto speciale. E la loro soprannaturale fatica ha a che vedere anche con il travaglio delle donne.

Artigiano o stregone? Manipolatore di ferro o anche di forze sovrannaturali? Tra queste due immagini oscilla la figura del fabbro in gran parte dell’Africa occidentale (e non solo). Non è un’esclusiva africana: anche nell’antichità, gli individui capaci di strappare alle viscere della terra un metallo grezzo e impuro e, con il fuoco, di modellarlo, renderlo duro e lucente, erano sospettati di connivenza con forze extraumane.

Sono numerosi i miti dell’origine in cui il fabbro compare tra i fondatori di un popolo. La sua figura rappresenta un’unicità: è l’unico che non lavora la terra, ma viene mantenuto dal villaggio perché costruisca attrezzi per coltivare e armi. Sotto ogni punto di vista i fabbri sono un’eccezione. Stimati e temuti, hanno dato spesso vita a vere e proprie caste.

Presso quasi tutte le popolazioni del Mali costituiscono una casta chiusa, molto potente. La loro posizione è però anche ambigua, perché, se esercitano una grande influenza sulle decisioni collettive, sono anche considerati un po’ marginali e spesso temuti. La loro abilità con il fuoco e la materia li avvolge di un’aura di magia. Manipolare la materia infatti significa controllare il nyama, la forza vitale, intrinseca a tutte le cose. I fabbri dogon parlano anche una lingua segreta, per non far trapelare le loro conoscenze, trasmesse di padre in figlio.

Anche i Tuareg ritengono che i fabbri, gli inadan, siano dotati di poteri mistici. E anche loro utilizzano una lingua esoterica, la tenat. Si dividono in due gruppi: quelli che lavorano il ferro e quelli che forgiano metalli preziosi come oro e argento, per creare gioielli piuttosto raffinati.

Anche in Africa centrale i fabbri rivestono un ruolo di prestigio, spesso legato al potere regale. Molti simboli delle dinastie qui sono oggetti in ferro, in alcuni casi gli stessi strumenti del fabbro. In Rwanda il termine per gli oggetti di ferro è lo stesso usato per il potere del re.

Il fabbro è figura di potere, ma in molti casi deve sottostare a regole particolari, come l’astinenza sessuale quando si prepara alla fusione dei metalli: operazione caricata di metafore riproduttive che talvolta rimandano alla forma e alla terminologia della fornace, assimilata al corpo femminile. In molte culture la fusione del metallo è associata esplicitamente al coito o al parto. Tra i Tshokwe dell’Angola, i fabbri che si apprestano a fondere il metallo eseguono una serie di riti che vengono praticati durante il parto. Metafore che rimandano al ruolo creatore della donna e del fabbro/metallurgista.

Ma l’Africa dai villaggi si sposta sempre più verso le città, e anche i mestieri mutano. Un’immagine: il porto di Mopti, dove freme un perenne mercato del pesce. In fondo, sotto una tettoia affacciata sul fiume, dei fabbri modellano ogni pezzo di metallo disponibile, lattina di piselli o vecchia molla arrugginita, per ricavarne chiodi con cui costruire le imbarcazioni. Accanto a ogni fabbro, un ragazzino sudato pompa aria sulla forgia. Qualche anno fa si vedevano solo mantici rudimentali: sacche di cuoio premute alternatamente con un gran lavoro di braccia. Oggi sono spariti. I ragazzini fanno girare una ruota di bicicletta che aziona una ventola.

È difficile vedere in questi fabbri i discendenti di una stirpe di manipolatori del ferro, di stregoni, con i loro poteri e il loro sapere esoterico che li faceva lavorare di notte per non svelare i segreti. Poco di misterioso qui, sotto la tettoia in lamiera. Solo occhi arrossati e sudore.

Disconnesso dalla sua rete di relazioni tradizionali, quello del fabbro diventa sempre più un mestiere, spogliandosi lentamente delle implicazioni simboliche del passato. La città ha sempre più bisogno di oggetti in ferro: cancelli, ringhiere, supporti. E poi ci sono i turisti che cercano souvenir, bijoux in metallo, in argento. Anche a loro i fabbri sanno dare risposta, reinventando quotidianamente una tradizione che viene da lontano, ma avanza nel futuro.

Questo articolo è uscito sul nuovo numero della rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui. Per abbonarsi, qui.

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