Etiopia – Pacificazione, ma a metà

di Enrico Casale
oromo

Negli ultimi sei mesi, le autorità di Addis Abeba (Etiopia) hanno graziato più di 13mila persone precedentemente accusate o condannate per terrorismo e tradimento. È questa la prima e più importante conseguenza del provvedimento, approvato dal parlamento, che autorizza le persone condannate o accusate di «tradimento, crimine contro l’ordine costituzionale e la lotta armata» a chiedere la grazia. «Più di 13mila persone hanno approfittato della legge negli ultimi sei mesi», ha detto Fana Broadcasting Corporate, emittente pubblica, citando il procuratore generale dell’Etiopia.

Il precedente governo aveva affermato che circa 30mila persone tra studenti, leader dell’opposizione, giornalisti e blogger erano detenuti in seguito alle proteste scoppiate nel 2015.

Questo provvedimento è il frutto delle politiche riformiste del premier Abiy. Entrato in carica in aprile, dopo oltre due anni di disordini antigovernativi che avevano spinto il governo a dichiarare due volte uno stato di emergenza nazionale e ha causato a centinaia di morti e decine di migliaia di arresti, il giovane leader ha varato una politica di distensione.

Ha liberato i dissidenti, ha permesso le attività politiche di alcuni gruppi precedentemente banditi, promettendo che le elezioni previste per il 2020 saranno libere ed eque.

Tra i gruppi «liberalizzati» di sono due organizzazioni secessioniste (il Fronte di liberazione di Oromo e il Fronte di liberazione nazionale dell’Ogaden) e il movimento di opposizione in esilio «Ginbot 7», tutti in passato considerati gruppi terroristici.

Il governo ha aperto un confronto con i politici dell’opposizione e i gruppi della società civile per apportare modifiche alla legge antiterrorismo.

Nonostante ciò, la violenza è ancora cresciuta con scontri etnici che sono scoppiati nelle campagne e nella capitale Addis Abeba. Gli scontri hanno spinto almeno 1,4 milioni di persone a fuggire dalle loro case l’anno scorso, una delle statistiche più elevate al mondo.

All’inizio di questa settimana, il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite in Etiopia ha dichiarato che sono necessari ulteriori aiuti per 250.000 sfollati nelle regioni di Benishangul-Gumuz e Oromia nell’Etiopia occidentale, dove la violenza etnica è esplosa alla fine dello scorso anno.

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