Ebola in Rd Congo, superati i 2000 casi mentre incombe il terrorismo

di AFRICA

L’epidemia di ebola in Congo ha superato i 2000 casi e non accenna a fermarsi. Lo affermano le cifre dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) rese note martedì. Il numero di contagiati è salito a 2008 negli ultimi giorni nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri, con 1346 morti. Ci sono voluti 224 giorni per raggiungere i mille casi, sottolinea l’Ong International Rescue Committee, e solo 71 per arrivare a 2000.

«Ora vediamo dagli otto ai venti casi ogni giorno – spiega al Guardian Tariq Riebl, della Ong –, mentre pochi mesi fa eravamo al massimo a cinque. Questo vuol dire che serve un cambiamento radicale, la risposta richiede un rese totale».

Nella zona ci sono ancora scontri armati tra esercito regolare e fazioni di ribelli, che impediscono di raggiungere alcune aree. Tra gennaio e inizio maggio, ci sono stati 42 attacchi alle strutture sanitarie, con 85 lavoratori feriti o uccisi, secondo i dati dell’Oms aggiornati al 3 maggio, come riporta Al Jazeera a cui il portavoce dell’agenzia, Tarik Jasarevic ha ribadito che «l’epidemia si è concentrata in due aree e potrebbe essere fermata entro settembre, ma il rischio rappresentato dagli scontri nelle regioni orientali del Congo ostacolano la risposta sanitaria al virus attraverso la distribuzione di vaccini».

L’ultimo attacco dei ribelli in ordine di tempo, avvenuto vicino alla città di Beni nel distretto di Butanka, ha visto la morte di 13 civili lunedì scorso ed è stato compiuti da sospetti appartenenti alla milizia filo-jihadista ugandese Allied democratic forces (Adf). Proprio ieri, in una dichiarazione sul sito web di messaggistica Telegram, lo Stato islamico avrebbe rivendicato l’attacco.

«I membri della comunità non si fidano dei medici e delle organizzazioni internazionali – continua Riebl –. A Butembo, l’epicentro dell’epidemia, medici e infermieri sono attaccati regolarmente». Ai rischi si aggiunge lo scetticismo della popolazione, osserva l’esperto, con molte persone che non credono all’esistenza del virus, o che accusano l’Oms o il governo centrale di aver creato l’epidemia di proposito.

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