Crisi in Niger, avanti con la diplomazia (ma mobilitazione militare)

di Marco Trovato

Il vertice straordinario dell’ECOWAS sul Niger, tenutosi oggi ad Abuja, si è concluso da poco con un comunicato che informa la volontà dell’organizzazione economica dell’Africa occidentale di perseguire tutte le strade della diplomazia per risolvere pacificamente la crisi che da due settimane ha posto Niamey al centro dei riflettori delle attenzioni internazionali.   

Si allontana dunque lo spettro dell’intervento armato che scatenerebbe una guerra regionale dagli esiti imprevedibili (con Mali e Burkina Faso che hanno già fatto sapere di stare dalla parte dei golpisti del Niger). Anche se il comunicato ufficiale dell’ECOWAS informa di avere dato l’avvio alla mobilitazione militare, in vista di un possibile intervento in Niger.

Un conflitto che – malgrado gli ultimatum, i toni belligeranti, le minacce – nessuno dei protagonisti della crisi realmente vuole – neppure l’Occidente e la Russia – ma che tuttavia rimane come opzione estrema sul tavolo delle trattative, come ci tiene a far sapere la stessa ECOWAS.

Le diplomazie sono al lavoro per trovare un accordo coi golpisti. I quali mostrano i muscoli nominando un nuovo governo ma al tempo stesso appaiono più disposti a trattare.

Sono giornate intense di colloqui lontani dai riflettori dove si discutono tempi e modalità per una transizione democratica, come già è avvenuto per i colpi di Stato in Mali, Burkina Faso e Guinea.

I capi politici degli altri Paesi della regione vorrebbero che il ripristino all’ordine costituzionale avvenga nei tempi più brevi possibili, mentre i generali di Niamey puntano ad allungare i tempi per conservare il potere e naturalmente vogliono garanzie di immunità e dei loro posti di comando.

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