2100, l’anno senza caffè africano?

di Enrico Casale
caffè
raccolta caffè

Raccolta del caffè

Entro la fine del secolo l’Africa orientale potrebbe non produrre più caffè. A denunciarlo è l’Istituto australiano del clima. Gli scienziati stimano che entro il 2050, gli effetti del riscaldamento globale ridurranno del 50% le superfici favorevoli alla coltivazione della pianta (che è originaria di questa regione e da qui si è diffusa nel mondo), e del 100% entro la fine del secolo.

Il trend negativo della coltivazione del caffè è già in atto. Secondo i dati del Foreign Agricultural Service, nel biennio 2016-2017 saranno 11,9 milioni i sacchi prodotti nella regione, contro i 12,9 milioni del biennio 2015-2016. L’Etiopia, il maggior produttore, non ne risentirà particolarmente e si attesterà sui 6,5 milioni di sacchi. A perdere maggiormente saranno il Kenya (da 700 a 600mila), l’Uganda (da 4,5 a 3,7 milioni) e la Tanzania (da 1,25 a 1,05 milioni).

Lavorazione del caffè

Lavorazione del caffè

Ma realistica la fine della produzione? Sì, secondo Christophe Montagnon, direttore scientifico presso il World Coffee Research e direttore della società di consulenza RD2 Vision, interpellato da Radio France Internationale. «Farà sempre più caldo e sarà un caldo sempre più a secco – osserva -. Ciò inciderà profondamente sul microclima necessario alla sopravvivenza della pianta del caffè. Non solo, ma l’innalzamento della temperatura porterà anche a un aumento delle malattie e degli insetti che attaccano la pianta». Secondo l’esperto, le previsioni sono quindi realistiche anche se, a suo parere, la riduzione del 50% della superficie coltivata entro il 2050 si avrà solo se non si interverrà in alcun modo. «Vale a dire – chiosa il ricercatore – che è un allarme, più di una precisione esatta».

Chicco caffè

Chicco caffè

Una soluzione al problema potrebbe essere la sostituzione della qualità «Arabica», più delicata, con la «Robusta», di qualità inferiore, ma in grado di sopportare meglio il cambiamento climatico. Su questo punto non ci sono problemi per i produttori. «I produttori – osserva Primus Kimaryo che dirige il Tanzania Coffee Board – possono cambiare la modalità di coltivazione e la varietà di caffè. sono pronti ad adattarsi, se però in cambio ricevono redditi sufficienti a sostenere le loro famiglie».

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