14/02/14 – Centrafrica – Imam Layama, “non e’ conflitto religioso ma lotta per il potere”

di AFRICA

 

Ieri una dozzina di corpi senza vita è stata rinvenuta dai soldati africani della Misca in pieno centro di Bangui, nei pressi di una caserma che fino a poche settimane fa ha servito da base agli ex ribelli Seleka. Da Nzakoum, villaggio al confine col Ciad, fonti missionarie hanno denunciato alla MISNA il recente massacro di una ventina di civili durante la fuga dei Seleka nel paese vicino. Nel frattempo continua l’esodo di migliaia di musulmani – cittadini centrafricani e stranieri – per scampare a saccheggi, attacchi mirati e linciaggi che, secondo Amnesty International, non sono altro che “una pulizia etnica” da parte delle milizie Anti-Balaka. Onu e ong internazionali hanno inoltre lanciato l’allarme per il crollo degli stock di cereali e l’aumento dei prezzi del cibo che stanno trascinando il paese verso la carestia. Non ha fine il dramma in atto nel cuore dell’Africa centrale, potenzialmente ricco di risorse naturali e minerarie ma sprofondato nel totale caos dal colpo di stato del marzo 2013 della Seleka, coalizione per lo più costituita da sudanesi e ciadiani di confessione musulmana. Alla MISNA l’imam Oumar Kobine Layama, presidente della Comunità islamica del Centrafrica, propone la sua chiave di lettura della crisi che sta minando anche i fragili equilibri regionali e affida un appello pressante a tutte le parti coinvolte.

Amnesty International ha denunciato “una pulizia etnica” mentre per l’Onu “sono riuniti tutti gli ingredienti per un genocidio”. E’ proprio così?

Alla luce delle violenze in atto dallo scorso dicembre direi che purtroppo la realtà sul terreno è molto vicina  a queste definizioni. Ha un senso parlare di pulizia etnica anche se bisogna essere attenti al peso delle parole e alla loro eventuale strumentalizzazione da ogni parte. Chiaramente l’obiettivo degli Anti-Balaka è quello di cacciare dal territorio nazionale i musulmani centrafricani e gli stranieri stabiliti da tempo nel nostro paese. Siamo in una logica di vendetta che viene attuata con linciaggi, attacchi mirati, furti e saccheggi di abitazioni e attività commerciali di proprietà della minoranza (i musulmani sono l’11% della popolazione). Invece dallo scorso maggio a novembre le principali vittime sono state i cristiani (l’80%).  In entrambi i casi, ma ancora di più nell’ultimo periodo, sono stati presi di mira gli edifici religiosi. Attraverso il paese centinaia di moschee sono state distrutte ma anche numerose chiese e missioni saccheggiate.

Quindi si può parlare di conflitto interreligioso che contrappone cristiani e musulmani? Sono in tanti ad aver dato questa lettura dalla crisi centrafricana…

E’ invece no: questa è una lettura errata oltre che pericolosa, purtroppo rilanciata da numerosi media e osservatori. Da mesi noi leader religiosi centrafricani – anche cristiani e protestanti – riuniti in una piattaforma interconfessionale denunciamo questa escalation di violenze commesse da ribelli, milizie e mercenari che non fanno altro che strumentalizzare la religione e si presentano come difensori di una comunità o di un’altra. Come si fa a uccidere in nome della religione? E’ un non senso! In realtà questi usurpano la fede soltanto per raggiungere i propri fini politici, per la conquista del potere politico ed economico. Come sempre a pagare il prezzo più alto sono civili innocenti. Lo scorso anno soprattutto i cristiani e da due mesi a questa parte i musulmani. E’ importante chiarire l’identità dei due principali gruppi che hanno messo il paese a terra. Da una parte gli ex Seleka che sono una coalizione eteroclita di vecchie ribellioni centrafricane, di ciadiani, maliani e altre nazionalità stabilite da decenni nel nostro paese oltre che mercenari stranieri. Dall’altra le milizie Anti-Balaka verso le quali sono confluiti ex soldati delle Forze armate centrafricane (Faca), sostenitori dell’ex presidente Bozizé ma anche uomini stanchi dei soprusi inflitti dalla Seleka. Bisogna essere attenti nel fare un amalgama sbagliata oltre che dannosa. Da mesi non ci stanchiamo di ripeterlo: seppur a maggioranza musulmana l’ex ribellione Seleka non è stata sostenuta dalla popolazione musulmana centrafricana. La stessa equazione vale per gli Anti-Balaka: non sono tutti cristiani e sono sempre più impopolari in seno alla comunità cristiana. Prima di allora abbiamo sempre convissuto nella fratellanza, nella serenità e nel rispetto reciproco. – Misna

 

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