02/12/2014 – Kenya -Violenze a Mandera: il racconto del vescovo

di AFRICA

 

“Quelli di Al Shabaab sono attacchi imprevedibili, che durano al massimo un paio d’ore e i soldati non riescono ad arrivare così in fretta, visto che la loro base dista 80 chilometri dalla città”. Monsignor Paul Darmanin, vescovo di Garissa, spiega così alla MISNA le “difficoltà del governo” nel rispondere alle azioni del gruppo somalo che per la seconda volta in meno di due settimane ha colpito l’area di Mandera, parte della diocesi.

A conferma della criticità del momento, in queste ore sono arrivate sia la notizia della rimozione del ministro dell’Interno Joseph Ole Lenku – sostituito dall’ex generale e politico d’opposizione Joseph Nkaissery – che quella delle dimissioni del capo della polizia, David Kimaiyo. Le difficoltà del governo a controllare l’area di frontiera del nord-est, però, dipendono anche da fattori locali. “La popolazione locale di origine somala in genere non sostiene Al Shabaab – nota il vescovo – ma ci sono dei simpatizzanti, visti anche i legami di clan e persino familiari che esistono: e anche chi non si sente somalo ma keniano non tradirà mai la sua famiglia”.

Tornando sull’ultimo attacco in cui hanno perso la vita 36 lavoratori di un cantiere, il vescovo aggiunge nuovi particolari: “Gli uomini di Al Shabaab, che ha rivendicato l’azione, hanno separato i musulmani dai cristiani e hanno giustiziato questi ultimi”. Al Shabaab, precisa monsignor Darmanin, “non è semplicemente nemico dei cristiani: in Somalia le sue vittime sono gli abitanti del luogo, musulmani, ma quando agisce in Kenya tenta di colpire i cristiani perché li identifica con il governo”.

Anche la fuga di centinaia di persone dall’area si spiega in parte così, continua monsignor Darmanin: “La popolazione locale è al 100% musulmana, i cristiani sono originari dell’ovest o del centro del paese e sono per lo più insegnanti, lavoratori della sanità e impiegati del governo”. Sono loro che ora “hanno molta paura”, spiega il vescovo, e cercano di raggiungere le loro famiglie, che spesso non si sono trasferite con loro a Mandera.

“Il governo si oppone al fatto che lascino la zona in massa e cerca di tenerli qui – aggiunge monsignor Darmanin – ma alcuni riescono comunque ad andarsene, in particolare gli insegnanti, che in questo momento sono in vacanza e dunque liberi di andare a casa: se poi torneranno, è un’altra questione…” – Misna

 

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